venerdì 4 novembre 2016

In corso d'opera ( II )


 
Parlando del teatro d’opera al cinema, è impossibile dimenticarsi di Luchino Visconti, e in particolare delle prime sequenze di “Senso” (1954): cioè il Trovatore di Giuseppe Verdi, al Teatro La Fenice di Venezia, in riprese che definire leggendarie è decisamente riduttivo. Ma questo è un film che ha fatto la storia del cinema, e non solo: a parlare di Visconti mi sento molto in soggezione, per ora rimando ogni discorso in merito e mi limito a ricordare che Luchino Visconti, come Ingmar Bergman e come Orson Welles, alternava regolarmente l’attività di regista in teatro con quella di regista di cinema, e con esiti straordinari in entrambi i campi. Non è da tutti: per esempio qui da noi Giorgio Strehler e Luca Ronconi, registi grandissimi in teatro, non hanno mai fatto cinema. Di Luchino Visconti si cita ancora oggi (per fare un solo titolo) la leggendaria regia della “Traviata” di Giuseppe Verdi negli anni ’50, alla Scala: direttore Carlo Maria Giulini, protagonista Maria Callas.

 
Non mi sono invece mai piaciuti i film-opera degli anni ’40 e ’50, quelli con la Loren che fa Aida (doppiata da una vera cantante), o i film di Mario Lanza (che non è mai stato un vero cantante d’opera, ma solo un cantante di musica leggera, come da noi Claudio Villa o Al Bano), e via discorrendo, film che vedevo spesso in tv quand’ero bambino o ragazzo e che per lungo tempo mi hanno fatto detestare l’opera lirica. Qualcosa di buono c’è anche lì, s’intende: ma se fosse stato per quei film non mi sarei mai e poi mai appassionato all’Opera. Mi ci sono appassionato quando ho scoperto cos’era davvero l’Opera, e l’ho fatto dapprima grazie alla radio e poi grazie ai dischi: la parte visiva non aiuta a capire, l’opera va vista e ascoltata in teatro. Altrimenti, meglio i dischi, meglio la radio: e – aggiungo – anche alla radio, meno commenti ci sono e più si capisce (con le dovute eccezioni, naturalmente: oggi sempre più rare, purtroppo si parla troppo, e quasi sempre ripetendo a pappagallo una valanga insopportabile di luoghi comuni).
Sul filone “storico”, ho trovato orribili anche i film dedicati ai castrati, per esempio Paolo Ferrari e “Le voci bianche”(1964, regia di Pasquale Festa Campanile), e il film biografico sul famoso Farinelli, “Farinelli voce regina” di Gérard Corbiau (1999). Dico "orribili" per la superficialità e la grossolanità con la quale (mi riferisco soprattutto al film di Festa Campanile) viene trattato un tema così tragico; ma di questo ho intenzione di parlare con maggiore ampiezza.
 

Le immagini di questo post sono tutte di Maria Callas con Luchino Visconti: Traviata, Vestale, e una prova della Medea di Cherubini con Leonard Bernstein.
(continua)

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