venerdì 14 ottobre 2016

E la nave va ( IV )


E la nave va (1983). Regia: Federico Fellini - Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini e Tonino Guerra. I testi delle opere liriche sono di Andrea Zanzotto. - Fotografia: Giuseppe Rotunno - Musica: Giuseppe Verdi (Aida e La forza del destino), Rossini (Petite Messe Solennelle, e altro) Bellini (Norma), Debussy (Suite bergamasque), Schubert (Moment musicale) , Saint Saens (Carnevale degli animali), e altri. Musiche originali, arrangiamenti e direzione d’orchestra di Gianfranco Plenizio - Orchestra e coro: Rai Radiotelevisione Italiana. Maestro del coro: Ines Meisters - Maestro collaboratore: Elvio Monti - Scenografia: Dante Ferretti - Costumi: Maurizio Millenotti - Coreografia: Leonetta Bentivoglio - Architetti: Nazzareno Piana, Massimo Razzi -Arredamento: Massimo Tavazzi, Francesca Lo Schiavo - Pitture e affreschi: Rinaldo e Giuliano Geleng - Pittore scenografo: Italo Tomassi - Scultore: Giovanni Gianese - Effetti: Adriano Pischiutta - Direttore del doppiaggio: Riccardo Cucciolla - Troupe francese: Catherine Breillat (sceneggiatore), Therry Nahon (aiuto regia), George Dybman (direttore di produzione), Willy Rahau (ispettore di produzione) - Adattamento dialoghi italiani: Roberto De Leonardis - Durata: 132'
INTERPRETI E PERSONAGGI: Freddie Jones (il giornalista Orlando, doppiato da Ferruccio Amendola). I cantanti: Barbara Jefford (Ildebranda Cuffari, voce del soprano Mara Zampieri), Elisa Mainardi (Teresa Valegnani, voce del mezzosoprano Nucci Condò), Linda Polan (Ines Ruffo Saltini, voce del soprano Elisabeth Norberg-Schulz), Victor Poletti (Aureliano Fuciletto, voce del tenore Giovanni Bavaglio), Fred Williams (Sebastiano Lepori, voce del tenore Carlo Di Giacomo), Maurice Barrier (Ziloev, voce del basso Boris Carmeli), e Janet Suzman (Edmea Tetua, nei filmati proiettati).
I musicisti: Paolo Paoloni (ll maestro Albertini), Umberto Zuanelli (Maestro Rubetti 1),Vittorio Zarfati (Maestro Rubetti 2).   I nobili austroungarici: Fiorenzo Serra (ll Granduca di Harzock), Pina Bausch (La Principessa Lherimia), Philip Locke (Primo Ministro), Colin Higgins (Capo della Polizia).
Gli altri viaggiatori: Peter Cellier (Sir Reginald Dongby), Norma West (Lady Violet Dongby), Sarah Jane Varley (Dorotea), Roberto Caporali e Franca Maresa (genitori di Dorotea) Pasquale Zito (Il Conte di Bassano, fan di Edmea Tetua), Jonathan Cecil (il comico Ricotin), Elizabeth Kaza (Produttrice), Ugo Fangareggi (capocameriere), Claudio Ciocca, Antonio Vezza (il capitano), Alessandro Partexano (ufficiale di bordo), Franco Angrisano (un cuoco), Francesco Maselli (guardiano del rinoceronte), Domenica Pertica (il pastore), Christian Fremont, Marielle Duvelle, Helen Stirling, Ginestra Spinola (cugina di Edmea), Regina Nemni (chiromante).
Le voci vere dei cantanti: Mara Zampieri (lldebranda Cuffari), Elisabeth Norberg-Schulz (Ines Ruffo Saltini e Primo Soprano Serbo), Nucci Condò (Teresa Valegnani), Giovanni Bavaglio (Aureliano Fuciletto), Carlo Di Giacomo (Sabatino Lepori), Boris Carmeli (Ziloev), Bernadette Lucarini (Secondo Soprano Serbo), Bruno Beccaria (Tenore serbo).

di questo film ho scritto molto sul blog "giulianocinema"; qui riporto solo la parte dedicata alla musica
....
Al minuto 54: Sul ponte, tempo di foto ricordo: per tutti, anche per il Granduca. Torna Debussy per la Cuffari che ci improvvisa sopra un vocalizzo
Tra i cantanti vi è un basso, “il basso profondo più profondo del mondo”. Si farà dunque un esperimento, che verrà ripreso per il cinegiornale: con un vocalizzo, il basso profondo più profondo del mondo manderà in catalessi una gallina. Si va nelle cucine, si prende una gallina, si esegue: non solo la gallina va in catalessi, ma il nostro giornalista si addormenta in piedi seduta stante, cade, viene soccorso. “Cos’è successo?”. La gallina è ancora lì, immobile, una zampa alzata.



Una gallina ipnotizzata l’avevamo già vista nel “Kaspar Hauser” di Werner Herzog; non con la voce ma dei gesti molto semplici. Herzog spiega che ipnotizzare le galline è molto facile, io non ci ho mai provato e non so cosa dire; so però che gli elefanti comunicano con gli infrasuoni, note molto basse che il nostro orecchio non percepisce, e che i cani possono ascoltare gli ultrasuoni, eccetera. Insomma, l’argomento è trattato in maniera divertente ma è tutt’altro che uno scherzo, e su questo argomento sia la fisica (l’acustica) che la medicina (neurologia) danno spiegazioni esaurienti.
Merita qualche riga anche la questione del basso russo: in quegli anni era famosissimo (e ricchissimo) Fjodor Scialiapin, che però non era un basso profondo e non somiglia per niente a questo attore; di Scialiapin, del tenore Enrico Caruso e del baritono Titta Ruffo in quel 1914 si diceva che avrebbero potuto comperarsi mezza New York, per via dei loro ingaggi stratosferici. Tra i bassi profondi, capaci di toccare le note più basse sul pentagramma, ci sono stati e ci sono ancora molti russi o bulgari; si dice che sia per via della liturgia cristiano-ortodossa, che richiede espressamente questo tipo di voce, molto suggestiva. Però il basso profondo più profondo del mondo, almeno nel Novecento, è probabilmente stato un italiano: Giulio Neri. La sua discografia, negli anni ’50, è in questo senso davvero impressionante.

....
Siamo a circa un’ora dall’inizio: i cantanti provano un brano che devono eseguire insieme: si tratta di Rossini, la “Petite Messe Solennelle”, e i brani (dalla Messa cattolica in latino) sono “O Salutaris Hostia” e “Domine Deus”. Intanto, gli egiziani (cioè il facoltoso amante egiziano di Edmea Tetua e il suo seguito) pregano sul ponte della nave rivolti verso la Mecca; e il giornalista prova a fare delle piccole avances all’incantevole Dorothea. D’improvviso, si avverte una gran puzza: è il rinoceronte, che viene issato sul ponte per essere lavato. “Il drago che vola...” si commenta, davanti allo spettacolo dell’enorme bestione imbragato.
Sul significato del rinoceronte, per ora, faccio come Fellini nelle interviste: sorvolo. Ma evidentemente il rinoceronte (così grande che sembra un triceratops) non è qui per caso; l’unica cosa che posso dire a questo punto è che si tratta di una bestia quieta e affettuosa, fors’anche utile.

....
Come si diceva, questi piccoli personaggi che vediamo sulla nave non sono le solite figurine caricaturali, qui siamo più verso il teatro di Tadeusz Kantor, un teatro della memoria, e la presenza di Pina Bausch, grande ballerina e coreografa, è tutt’altro che casuale. Penso che non sia casuale nemmeno la somiglianza del narratore con Mr. Pickwick, grande invenzione di Charles Dickens.
E l’incantevole Dorotea è un’apparizione come Valeria Ciangottini nel finale della “Dolce vita”, ma anche come la fanciulla del Toby Dammit; ma questa volta il protagonista è troppo vecchio, non è a lui che è destinata la Musa Ispiratrice. Ildebranda Cuffari, grande soprano, appare bella e immobile come una sfinge, una divinità egizia; ma la vediamo anche sordida e gretta come l’Avaro di Molière mentre cerca di nascondere il suo tesoro...
Cos’hanno in comune tutti questi personaggi? Hanno in comune di essere, al di là delle singole apparenze, vecchi; e destinati ad essere superati dagli eventi. Non sono cattivi ma sono sterili: anche quando hanno delle pulsioni erotiche, come per sir Reginald, non hanno come fine la continuazione, ma il divertimento fine a se stesso. Sterili sono per loro natura anche le passioni omosessuali di alcuni dei personaggi, così come sterile (e pericolosa) è la tendenza pedofila di uno dei due anziani maestri di canto, che vediamo offrire biscottini a una bambina.
...
 
“Es waren zwei Kindern, König...“ canta la principessa cieca giocando a scacchi con suo fratello. (che le dice: “vinci sempre tu, perché con la scusa di controllare sposti tutti i pezzi”). Il brano potrebbe essere questo:
Es waren zwei Königskinder,
Die hatten einander so lieb,
Sie konnten beisammen nicht kommen,
Das Wasser war viel zu tief.
Lieb Herze, kannst du nicht schwimmen?
Lieb Herze so schwimm zu mir;
Drei Kerzen will ich aufstecken,
Und die sollen leuchten dir.
Da saß eine falsche Nonne,
Die thät, als wenn sie schlief,
Sie thät die Kerzen auslöschen,
Der Jüngling ertrank so tief.
Sie schwang sich um ihren Mantel,
Und sprang wohl in die See.
Ade! Mein Vater und Mutter,
Ihr seht mich nun nicht meh'!
Da hört man Glocken läuten,
Da hört man Jammer und Noth;
Da liegen zwei Königskinder,
Die sind all beide todt.
E’ un testo di anonimo, tradizionale; fu musicato da Brahms, ma anche Reinecke e Julius S. Maier, tutti nell’800 (il testo l’ho recuperato su www.lieder.org, un sito magnifico dove si possono trovare tutti i testi, traduzioni comprese). Non sono sicuro che il testo sia proprio questo, però anche senza tradurre tutto si può dire che “schwimmen” significa nuotare: “cuor mio, sai tu nuotare?”.

 
Tra i naufraghi ci sono molti zingari, e a 1h25 gli zingari fanno musica, e una voce di donna canta una canzone dolce e struggente. Poi si passa alle danze, forse csardas (ungheresi o balcaniche); si ascolta un’aria probabilmente tedesca, forse qualcosa di Lehar; e mi dispiace di non poter essere più preciso ma queste musiche non le ho riconosciute. Un po’ alla volta, come la sera prima, le genti si mescolano e si danza. L’antropologo Eugenio va a insegnare agli zingari cosa significano le loro danze (“rito pagano, evocazione spiriti della fertilità, si danza così”) poi si emoziona e sviene.
....
Ed eccoci arrivati. L’isola di Erimo si intravvede all’orizzonte, stranamente simile alla grande corazzata. Non scenderà nessuno sull’isola, dalla nave verranno solamente disperse le ceneri della grande cantante prematuramente scomparsa. La cerimonia è davvero toccante, Fellini qui è serissimo.
Dapprima il prete (si direbbe luterano) recita il Salmo di David: «Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce...» E’ la Bibbia, il Libro dei Salmi (capitolo 23, o 22 secondo la Bibbia che avete in mano). Il rito si conclude con “polvere alla polvere, cenere alla cenere”: l’urna viene aperta, le ceneri deposte su un cuscino rosso, il vento le disperde lentamente.
All’apertura dell’urna, uno dei marinai fa partire un grammofono: sul disco c’è un’aria dall’Aida, “O patria mia, mai più ti rivedrò... O cieli azzurri, o dolce aura natia...”. Non sono parole di Zanzotto, è il testo originale dell’opera di Verdi, scritto da Antonio Ghislanzoni. La voce che ascoltiamo è quella del soprano Mara Zampieri, ma si finge che sia una registrazione dell’estinta Edmea Tetua.
Finito il rito (tutti sono commossi) la principessa cieca fa arrestare il Conte Furchtenbau, che è innamorato di lei e le ha confessato di sperare che il Granduca muoia così lei potrà prenderne il posto. Prima, avevamo visto lei che profetava tra le braccia di lui, dandogli un bacio appassionato: la visione di un’aquila che porta via suo fratello...Ma delle Principesse, si sa, c’è poco da fidarsi.
 

Mentre queste storie vanno a compimento, mentre quasi tutti sono ancora sul ponte, commossi, il nostro Narratore va sottocoperta ed entra nella sua cabina; si spoglia, indossa un costume da bagno e prende un salvagente. Che cosa starà mai per succedere? Non lo sappiamo ancora, ma posso già dire che l’unico oggetto che si porterà dietro, e al quale evidentemente tiene molto, è un ritratto di Garibaldi. Che dire? Visto da oggi, sembra quasi un presagio di questa nostra triste ricorrenza del 2011: la catastrofe sta per arrivare, ma Garibaldi è un valore da conservare. Però così sto forzando il significato del film, in fin dei conti siamo solo nel 1983.
Intanto che si prepara ad abbandonare la nave (ma a questo punto non è ancora successo niente), il Narratore ci sta dicendo che lui avrebbe tanto voluto raccontare che i profughi non furono consegnati, ma che le cose non andarono così. Fellini ci mostra dunque cosa avrebbe potuto succedere, con i passeggeri della Gloria N. che prendono posizione, non vogliono che i profughi siano consegnati alla corazzata minacciosa, e tutti insieme cantano gloriosamente in coro, come accadrebbe in un’opera. I temi musicali, molto mescolati insieme, sono più o meno questi, e in quest’ordine: sull’aria di “Guerra guerra” (coro dalla Norma di Bellini) mischiato a “Gloria all’Egitto” (Aida di Verdi), tutti cantano “Muoia muoia la prepotenza”; ma intanto i serbi vengono consegnati alla corazzata. Torna il tema della “Forza del destino”: ouverture e “Deh non m’abbandonar” (sempre Giuseppe Verdi). Qui l’incantevole Dorothea corre tra le braccia del giovane anarchico serbo e sale con lui su una scialuppa, salutando tutti. Un valzer Johann Strauss si mescola ai temi guerreschi (Verdi e Bellini, come sopra); si calano le scialuppe con i serbi. Inizia un concertato rossiniano da finale d’atto, che si mescola con la Traviata di Verdi (il concertato seguente a “qui pagata io l’ho”). Poi ancora il tema conduttore di “La forza del destino”, per il lancio della bomba a mano. Un coro finale: «No! Noi non ve li diamo!» (opponendosi alla prepotenza); poi Bellini, coro guerresco dalla “Norma”, ma anche l’Aida di Verdi. Ancora il Coro: «Muoia muoia la prepotenza / No, noi non ve li diamo!» e c’è spazio anche per “O mia patria sì bella e perduta”, dal Nabucco di Verdi.
Torna il tema della “Forza del Destino” per il Granduca sulla scialuppa; poi un acuto di Fuciletto, poi il tema di “Deh non mi abbandonar” (La forza del destino) con parole poco comprensibili; poi l’abbraccio di Dorotea col ragazzo serbo, poi valzer viennese e “Guerra guerra”, poi il concertato di Rossini (Barbiere o Gazza Ladra?), poi il concertato dalla Traviata (finale d’atto, “qui pagata io l’ho”), poi tema conduttore di “La forza del destino” per la bomba, poi tema “Deh non m’abbandonar” (sempre Verdi, sempre “La forza del destino”), poi Rossini per i tavoli che slittano, poi concertato dalla Traviata di Verdi (il tenore Fuciletto e le scialuppe calate), poi un mixage rossiniano (“mi par d’esser con la testa / in un’orrida rovina”).


Molte le analogie con i profughi di oggi e con gli italiani di oggi; sembra quasi che Fellini, da questo 1983, ci dica: «Vorrei dire che gli italiani presero posizione, ma...». Parole simili le disse Primo Levi dopo la pubblicazione in Germania di “Se questo è un uomo”: rispondendo a una lettera di due coniugi tedeschi che gli avevano detto “non sapevamo... se avessimo saputo...”, il dottor Levi (era dottore in chimica, il suo mestiere era quello del chimico) rispose che era impossibile non sapere, e che se avessero voluto votare contro i comunisti avrebbero potuto scegliere fra almeno tre partiti diversi, in quel 1933; invece scelsero Hitler, la dannazione e la catastrofe. Anche noi, oggi, avremmo potuto scegliere; ma di tutti i partiti che avevamo a disposizione abbiamo scelto i peggiori: ne pagheremo le conseguenze? Speriamo di no, ma c’è molto da preoccuparsi. Le persone della mia generazione sono cresciute in un mondo che abbatteva i confini e apprezzava la pace, adesso c’è una nuova generazione che vuole tirar su confini anche dove non ci sono mai stati, e che dimostra nei fatti di apprezzare la violenza e la guerra: no, non sono bei segnali. (L’integrale delle parole di Primo Levi è nell’ultimo capitolo di “I sommersi e i salvati).
Intanto gli eventi precipitano: cos’è successo di preciso non si sa, ci spiega il Narratore finendo di mettersi il costume e il salvagente; la bomba era troppo piccola per causare tutto quel danno, il giovane serbo che lanciò la bomba aveva appena trovato l’amore di una bellissima ragazza e non aveva interesse a far tutto quel danno; forse la bomba ha preso un cannone, forse... Tutte cose che si sono dette anche in occasione dello scoppio della Grande Guerra, nel 1914: è vero che ci fu l’attentato in Serbia, ma è anche vero che c’era molta gente che attendeva solo un minimo pretesto per cominciare la guerra. Per fare un esempio dei nostri giorni, negli ultimi 50 anni diversi capi di Stato sono stati assassinati (John Kennedy, Olof Palme, Aldo Moro...) ma i politici furono molto attenti, e non scoppiò nessuna guerra. Ma i tempi, e i politici, possono cambiare.
 

Comunque sia, ormai il danno è fatto. L’orchestra suona mentre la nave affonda, come sul Titanic. Nelle cabine rimane solo il Conte di Bassano, ammiratore di Edmea Tetua, che proietta il film per l’ultima volta mentre l’acqua sale nei corridoi. Sul ponte si suona il tema di “Gloria all’Egitto”, dall’Aida di Giuseppe Verdi, ma cantando “La libertà...” (non trascrivo le parole di Andrea Zanzotto perché sono in questo momento poco comprensibili). Segue il tema di “deh non m’abbandonar “ (da “La forza del destino”) sulle immagini del pianoforte che scorrazza per il grande salone del ristorante, ormai deserto.
Il film è finito, vediamo una carrellata su tutta la troupe e sul grande palco usato per le riprese. Ma c’è ancora spazio per il nostro Narratore: è da solo sulla sua barca di salvataggio, con il rinoceronte: ci informa che alcuni dei passeggeri si sono salvati, che altri sono purtroppo morti, ma che soprattutto ha una grande notizia da darci: “il rinoceronte dà un ottimo latte”.
Sui titoli di coda ascoltiamo per intero Debussy, Clair de Lune dalla “Suite bergamasque”: un tema musicale che era già apparso diverse volte nel corso del film.
 
...
Non è un caso che Fellini abbia scelto l’opera come struttuta portante del film, perché si tratta di una tradizione secolare che sta finendo, uccisa innanzitutto dalle tv e dalle radio commerciali e dalla dittatura dell’audience. Ma è anche il cinema che affonda, come si vede dalle ultime sequenze (il cineoperatore sul ponte, il Conte che proietta per l’ultima volta il suo film mentre la nave affonda), e con il cinema e l’opera affondano tutto il Novecento. Il film è del 1983, ma le riflessioni che suscita sembrano pensate per oggi, quest’anno 2010 in cui Cultura, Teatro, Scuola, Musica sono state gravemente penalizzate da un governo irridente e cieco. Non si pensi ad una mia interpretazione azzardata: Fellini fu grandemente ferito dal modo in cui le tv di Berlusconi storpiavano i suoi film, e ne ha lasciato testimonianza in molte interviste, sia scritte che filmate.

Per individuare le musiche mi sono dovuto un po’ arrangiare e spero di non aver fatto troppi errori; ottimo comunque il lavoro del maestro Gianfranco Plenizio che ha elaborato le musiche originali. Sul lavoro nel cinema del maestro Plenizio esiste un suo libro, “Musica per film”, ed. Guida; purtroppo non sono ancora riuscito a recuperarlo.
E infine, come mi fa notare l’amico Matteo (io non ci ero arrivato), la didascalia all’inizio del film dice che siamo in luglio, e nel Mediterraneo; ma tutti hanno il cappotto, la pelliccia, e grosse sciarpe. Forse la cosa può passare inosservata perché i cantanti d’opera tendono a coprirsi molto per timore di raffreddori e laringiti, ma è certo un’osservazione che andava fatta. Forse c’è un motivo, chissà.

 
 

Nessun commento:

Posta un commento