mercoledì 26 ottobre 2016

Lorenzo Da Ponte


"Io, Don Giovanni" (2009). Scritto e diretto da Carlos Saura a partire dalle memorie di Lorenzo Da Ponte. Fotografia di Vittorio Storaro. Musiche di Mozart, Salieri, Giovanni Gazzaniga, Vivaldi. Interpreti: Lorenzo Balducci (Da Ponte), Lino Guanciale (Mozart), Ennio Fantastichini (Salieri), Tobias Moretti (Casanova), Ketevan Kemoklidze (la Ferraresi), Cristina Giannelli (la Cavalieri), Emilia Verginelli (Annetta), Francesca Inaudi (Constanze, moglie di Mozart), Francesco Barilli (un prete), Franco Interlenghi (padre di Annetta), Sergi Roca (Da Ponte bambino), Eulalia Ramon (nobildonna), Anna Saura (bambina battezzata), Sebastiano Lo Monaco (Barbarigo), Carlo Lepore (commendatore) Sergio Foresti (Leporello) Borja Quiza (Don Giovanni) Roberto Accornero (Giuseppe II ) Elena Cucci (Francesca Barbarigo) Sylvia de Fanti (Tipoletta) Alessandra Marianelli (Zerlina), e molti altri. Direzione musicale di Nicola Tescari; Prague Baroque Choir; Da Ponte Ensemble (violinisti Luigi De Filippi e Tonino De Secondi), orchestra Collegium Marianum; consulenza di Angelo Giovagnoli e Luigi Lombardi d'Aquino. Nella sequenza del "Don Giovanni" di Gazzaniga cantano Pablo Garcia, Karoly Szemeredy, Francesco Sanchez Martin. Durata: 2 ore e 7 minuti.

"Io Don Giovanni" di Carlos Saura, che in teoria dovrebbe essere un film biografico su Lorenzo Da Ponte, è un'occasione perduta malamente e un film sostanzialmente sbagliato. La produzione (italiana) è in teoria di alto livello, c'è perfino Vittorio Storaro come direttore della fotografia; gli allestimenti d'opera sono belli, i cantanti giovani e bravi, in teoria tutto dovrebbe funzionare a meraviglia e c'erano tutte le premesse per un ottimo lavoro. In pratica, ci troviamo di fronte a uno sceneggiato tv dozzinale, di quelli in stile "grande pialla", fatti in serie e tutti uguali (non importa se il protagonista è Papa Woytila o Garibaldi o Coppi e Bartali, il risultato finale è sempre quello; cambiano epoche e costumi, la recitazione no). Il primo grande difetto è la sceneggiatura, opera dello stesso Saura: incentrata sull'idea balzana di Casanova mentore e ispiratore di Da Ponte, addirittura "suggeritore" per il Don Giovanni. Una cosa che non ha molta importanza e nemmeno un gran fondamento storico; forse si voleva fare un film su Casanova ma si aveva paura di farlo perchè se ne sono già fatti tanti, è questo il punto? Sta di fatto che Casanova imperversa nel film, e qui ecco la seconda e gravissima falla: ad interpretare Casanova c'è Tobias Moretti (doppiato), cioè la storica spalla televisiva dell'ispettore Rex. E Casanova affonda, è poco più che una figurina ben vestita che imperversa nel film anche quando non ce ne sarebbe bisogno. Lorenzo Da Ponte è affidato a un altro giovane del tutto inespressivo che si chiama Lorenzo Balducci, star di numerose serie tv e figlio di papà importante (ma qui siamo nel gossip). Siamo quindi già a quota due manichini inespressivi, la cosa comincia a preoccupare. Si va meglio con Mozart (Lino Guanciale) e con Salieri (Ennio Fantastichini), che tengono in piedi la voglia di vedere comunque il film.


Quasi tutte buone o ottime le donne, con menzione per le cantanti Ketevan Kemoklidze (che interpreta la Ferraresi) e Cristina Giannelli (la Cavalieri), alle quali spetta una scena "di dispetti" alle prove con il povero Salieri, ben recitata e ben costruita. Altre scene da primadonna e da amante di Da Ponte sono ben risolte, soprattutto tenendo conto che si tratta di cantanti e non di attrici nel vero senso del termine; certo recitare con Tobias Moretti non è il massimo della vita. Il ruolo di Annetta, innamorata di Da Ponte, è affidato ai grandi occhi celesti di Emilia Verginelli, incantevole ma attrice non memorabile. Siamo sempre nel campo della serie tv, insomma.


Il modello di riferimento potrebbe essere Amadeus di Forman, dal quale ci si distingue facendo Salieri timido e di fisico robusto, sottomesso alla sua amante (la Cavalieri), quindi tutto il contrario di F. Murray Abraham; è comunque molto bravo Ennio Fantastichini. Mozart invece somiglia all'Amadeus di Forman, se ne conservano la risata e la parrucca, però lo si mostra legatissimo alla moglie, che lo coccola e lo consola, salvo una scena di bagordi nel finale. Costanza, moglie di Mozart, è Francesca Inaudi: l'attrice piace ma il ruolo è mal scritto.


Si comincia con il battesimo di Lorenzo Da Ponte, che nacque in famiglia ebraica col nome di Immanuel ben Jrmenyahu (o Emanuele Conegliano, dal nome della città di origine) e prese il nome cristiano dal vescovo che lo battezzò, che si chiamava appunto Lorenzo Da Ponte. Da adulto si farà prete, e avrà una vita molto simile a quella di Casanova; a Vienna conoscerà Mozart e scriverà con lui tre grandi capolavori e qualcos'altro ancora. Ma Da Ponte lavorerà anche con altri musicisti, non solo con Mozart, avendo come rivale l'abate Casti (che nel film non c'è). Il film si lascia vedere, ma non direi che valga la pena di fare confronti storici precisi, si prende quel che c'è nel bene come nel male e direi che può bastare.
Sui titoli di testa si inizia curiosamente con la musica di Vivaldi, su una gondola a Venezia; l'azione vera e propria parte però dal battesimo cristiano di Emanuele Conegliano, anch'esso reso sbrigativo e poco comprensibile (cosa c'entra Casanova in questa scena?). Lorenzo Da Ponte era nativo di Céneda, che oggi fa parte del comune di Vittorio Veneto.



Bella la sequenza dell'incontro a Vienna fra Mozart e Da Ponte, perchè vi si vede un organo a mantice notevole; due servitori azionano il mantice mentre Mozart suona la Toccata e fuga in re minore di J.S. Bach. Ho scelto di mettere qui le immagini relative a questa scena, purtroppo molto breve, perché vale la pena di vedere come funziona lo strumento; purtroppo non ho trovato indicazioni sul luogo dove si trova quest'organo. Ha gran parte nel film la nascita del Don Giovanni, purtroppo con dettagli poco interessanti; è però corretto far assistere al "Convitato di pietra" del veronese Giuseppe Gazzaniga, che precede Mozart (1787, come il Don Giovanni che però ebbe la prima verso la fine dell'anno) e dal quale Da Ponte trarrà molta ispirazione (e anche qualcosa di più, a dirla tutta anche copiando qua e là dal libretto di G. Bertati). Viene riportata la reazione di Mozart davanti alla proposta di fare un Don Giovanni: dice di no, è un soggetto già messo in musica molte volte; però poi gli piace il verso "voglio fare il gentiluomo", e si comincia a lavorare. Si immagina l'aria del catalogo pensata da Casanova per Da Ponte suo allievo, con scenata di gelosia da parte della Ferraresi; si dice che "Là ci darem la mano" sono versi scritti per Annetta, e altre cose che si potrebbero anche omettere in un film che ha esigenze di durata. Le "Memorie" di Da Ponte sono un volume poderoso, si poteva e si doveva scegliere meglio; oltretutto, Carlos Saura è un regista di buone capacità, e da questo nasce molta della mia delusione.
 


In comune con Forman c'è l'allegra dimenticanza per il Così fan tutte e per La clemenza di Tito; qui si perde anche il Requiem ed è tutto dire. Mettere in scena La clemenza di Tito significa far saltare tutta la sceneggiatura e doverla riscrivere da capo, rendendosi oltretutto conto di tutte le scemenze che vi sono state infilate. Mi si obietterà che è un film su Da Ponte, e che la collaborazione con Mozart termina dopo il Così fan tutte; ma, appunto, se si porta in scena Mozart questi non sono dettagli da poco e se ne dovrebbe parlare.
Risibile nel finale la didascalia "Mozart morì tre anni dopo il Don Giovanni": tre anni sono un periodo piuttosto lungo, non si spiega e non si capisce, una didascalia che non serve a nulla.



Cosa avrà capito l'eventuale (e improbabile, ahinoi) spettatore casuale, magari molto giovane, degli eventi narrati? Direi niente, se non si conoscevano già i fatti prima di questo film, che avrà magari creato confusione nell'eventuale spettatore. Ma questi film sono di fatto già fuori dal mercato prima ancora di essere finiti, buoni o cattivi che siano, e quindi la questione non si pone. La tv li programma, ma a notte fonda o al mattino presto quando si è sicuri che nessuno accende la tv; questa è la triste verità, che rende abbastanza inutile anche discutere sulla qualità del film. Buono o cattivo che sia, un film su questi soggetti può solo sperare in una buona circolazione su internet.


Dietro le quinte, in una parte di attore (un prete) c'è Francesco Barilli, amico di Bernardo Bertolucci e protagonista di "Prima della rivoluzione" nel 1962 (da qui la presenza di Storaro?). La regia è di Carlos Saura affiancato da Raffaello Uboldi e Alessandro Vallini; il film dura quasi due ore (1h 57), la produzione è tutta italiana e questo fa pensare al livello di piattezza a cui è scesa la qualità dei nostri produttori. Serviva quantomeno un'altra sceneggiatura, questa è quasi tutta da buttare.


Nel cast anche Franco Interlenghi (padre di Annetta); le parti musicali sono dirette da Nicola Tescari e sono di gran lunga le migliori del film, per scene, costumi, ed effetti speciali di Storaro jr per il finale del Don Giovanni, e in altre scene.
Un film in chiaroscuro, nel complesso però il giudizio è che si tratta di un'occasione mancata, l'ennesima. Un suggerimento per chi volesse riprovarci: lasciare perdere i paralleli con Casanova e concentrarsi sugli anni americani di Lorenzo Da Ponte, c'è molto su cui scrivere.


 

2 commenti:

  1. Sempre bello leggere di Da Ponte ( lascio qui un link per vedere come Ceneda e Vittorio Veneto lo ricordano ).
    Riporto una sequenza tratta dalle sue memorie in cui parla di Mozart e del modo in cui cominciò la collaborazione con lui..

    "…il deciso favore, mostratomi dall'imperadore, creò in me una nuova anima, raddoppiò le mie forze per le fatiche da me intraprese(...) . Non andò guari, che vari compositori ricorsero a me per libretti. Ma non ve n'eran in Vienna che due, i quali meritassero la mia stima. Martini, il compositore allor favorito di Giuseppe, e Volfango Mozzart, cui in quel medesimo tempo ebbi occasione di conoscere in casa del barone Vetzlar, suo grande ammiratore ed amico, e il quale, sebbene dotato di talenti superiori forse a quelli d'alcun altro compositore del mondo passato, presente o futuro, non avea mai potuto, in grazia delle cabale de' suoi nemici, esercitare il divino suo genio in Vienna, e rimanea sconosciuto ed oscuro, a guisa di gemma preziosa, che, sepolta nelle viscere della terra, nasconda il pregio brillante del suo splendore.
    (...)
    Martini, Mozzart e Salieri vennero tutti tre in una volta a chiedermi un dramma (…). Pensai se non fosse possibile di contentarli tutti tre e di far tre opere a un tratto. (…) Trovati questi tre soggetti, andai dall'imperadore, gli esposi il mio pensiero e l'informai che mia intenzione era di far queste tre opere contemporaneamente. –Non ci riuscirete!–mi rispose egli.–Forse che no replicai;–ma mi proverò. Scriverò la notte per Mozzart, e farò conto di legger l'Inferno di Dante. Scriverò la mattina per Martini, e mi parrà di studiar il Petrarca. La sera per Salieri, e sarà il mio Tasso.–Trovò assai bello il mio parallelo; e, appena tornato a casa, mi posi a scrivere. Andai al tavolino e vi rimasi dodici ore continue. Una bottiglietta di «tockai» a destra, il calamaio nel mezzo, e una scatola di tabacco di Siviglia a sinistra. Una bella giovinetta di sedici anni (ch'io avrei voluto non amare che come figlia, ma ... ) stava in casa mia con sua madre, ch'aveva la cura della famiglia, e venìa nella mia camera a suono di campanello, che per verità io suonava assai spesso, e singolarmente quando mi pareva che l'estro cominciasse a raffreddarsi: ella mi portava or un biscottino, or una tazza di caffé, or niente altro che il suo bel viso, sempre gaio, sempre ridente e fatto appunto per inspirare l'estro poetico e le idee spiritose. Io seguitai a studiar dodici ore ogni giorno, con brevi intermissioni, per due mesi continui, e per tutto questo spazio di tempo ella rimase nella stanza contigua, or con un libro in mano ed ora coll'ago o il ricamo, per essere pronta a venir da me al primo tocco del campanello."

    :-)

    RispondiElimina
  2. Di questo Martini si è persa la memoria... impossibile che sia padre Martini, perché era a Bologna e non scrisse mai per l'opera. La Garzantina porta un solo Martini, appunto il maestro di contrappunto che hai visto in Noi tre di Pupi Avati.
    Penso che da Ponte scriva Mozzart con due zeta per rendere la pronuncia tedesca.
    Come ti dicevo, le Memorie di Da Ponte sono così piene di spunti per un film che proprio di Casanova non si vede il bisogno...

    RispondiElimina