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Night at the Opera (1935) Regia di Sam Wood
Fotografia: Merrit B. Gerstad Musica: Giuseppe Verdi, Ruggiero
Leoncavallo, Chico e Harpo Marx. Musiche originali e arrangiamenti di
Herbert Stothart, canzoni: “Alone” di Nacio Herb Brown e Arthur
Freed , “Così cosà” di Ned Washington, Kaper & Jurmann.
Coreografie di Chester Hale. Con Groucho, Chico e Harpo Marx;
Margaret Dumont, Siegfried Rumann, Kitty Carlisle, Allan Jones,
Walter King (96 minuti)
1.
Chi
non ha mai visto i fratelli Marx non sa cosa si è perso, ma per sua
fortuna è ancora in tempo per rimediare: si consiglia soprattutto
“La guerra lampo dei fratelli Marx” (Duck soup) e “Una
notte all’opera” (A night ath the Opera), che sono i due
più belli, ma in tutti i film dei Marx c’è sempre almeno una
scena da non perdere.
Ecco,
tutto quello che c’era da dire sui fratelli Marx l’ho detto: di
più non c’è molto da aggiungere, a parte le biografie. Ma su
questo ci sono moltissimi libri e siti internet, cos’altro
scrivere? Parlerei per mesi dei Marx, riempirei il sito di foto e di
filmati, ma per fortuna non ce n’è bisogno, Groucho e i suoi
fratelli sono tutt’altro che dimenticati.
Una
cosa però la posso fare, ed è parlare di “Una notte all’Opera”
come appassionato di musica e d’opera lirica. Qui forse posso
essere utile a qualcuno: capire cosa succede nel film, dal punto di
vista operistico, rende il film ancora più divertente.
L'opera
lirica in tv o al cinema, o su dvd, è quasi sempre uno strazio. Lo dico da
appassionato: se ne salvano pochi, di film e dvd tratti da una cosa
che è assolutamente nata e fatta per il teatro. Detto questo, e
nominati per la precisione alcuni dei pochi capolavori in questo
campo (Il flauto magico di Mozart-Bergman, il Don Giovanni di
Mozart-Losey, il Mosè e Aronne di Schoenberg-Straub&Huillet,
qualche ripresa storica di tipo documentario), questo è il film che
sbaraglia il campo in maniera assoluta. E non c'è da meravigliarsi,
perché l'Opera contiene in sè la follia, che ne è parte
essenziale: e la follia assoluta, al cinema, sono i Fratelli Marx.
Qui sono così grandi che si raggiunge la poesia; peccato soltanto
che l’esecuzione musicale sia di qualità scarsa, si poteva e si
doveva fare di meglio, ma pazienza.
Quel
“Trovatore” (libretto di Salvatore Cammarano, musica di Giuseppe
Verdi, prima rappresentazione 1853) nel finale, con Harpo che si
arrampica sulle funi del palcoscenico e così facendo cambia
continuamente la scena che appare sullo sfondo, davanti ai cantanti,
è assolutamente magico, inarrivabile. Ma sono memorabili anche
l'inizio, con Groucho che si chiede come farà il Pagliaccio a
dormire con quei bottoni così grossi sul pigiama, e con la stesura
del contratto fra Groucho e Chico; e la scena della cabina, che con
la musica ha a che fare molto più di quanto non si pensi (che cos'è,
una fuga, un concertato, un contrappunto a più voci?). La vera
natura dell'opera lirica emerge nel cinema in modo così clamoroso
solo poche altre volte, per esempio nei film di Sergio Leone, con gli
attori che si fermano e il tempo che si dilata, come accade nelle
nostre emozioni quotidiane e come accade sul palcoscenico dell'Opera
Lirica. Ma è un discorso lungo, qui mi fermo e vi rimando a “Una
notte all’Opera” e a tutti i film dei fratelli Marx, certamente,
ma anche al concertato della Lucia di Lammermoor di Donizetti -
quando le spade si sguainano, tutti i protagonisti sono in scena e
sembra che stia per succedere una carneficina, ma invece inizia il
grande concertato: "Chi mi frena in tal momento?".
La
prima opera che incontriamo è “I Pagliacci” di Ruggiero
Leoncavallo (1857-1919): non è un’opera buffa, come si potrebbe
pensare, ma un dramma che nasce da una storia vera, un pagliaccio che
uccide la sua compagna per gelosia, durante uno spettacolo in piazza.
Il padre di Leoncavallo era un magistrato, e si trovò a dover
giudicare questo triste fatto; e il giovane Ruggiero se ne ricordò
quando cercava un soggetto per una sua opera. Leoncavallo scriveva da
sè anche i testi, a differenza degli altri musicisti; e il testo dei
“Pagliacci” è decisamente buono, migliore di molti altri
libretti d’opera. La prima rappresentazione dei “Pagliacci”
avvenne nel 1892: dato che il film è del 1935 è quindi da
considerarsi musica contemporanea, più contemporanea di quanto non
lo siano per noi i Beatles o Lucio Battisti.
L’allestimento
che vediamo nel film è molto fedele all’originale: all’apertura
del sipario si annuncia infatti “un grande spettacolo a ventitré
ore” (cioè alle undici di sera: i libretti d’opera sono spesso
un po’ tortuosi nell’esprimere un concetto), ed è esattamente
quello che mostrano le immagini.
Le
libertà verso i “Pagliacci” arriveranno dopo: il tenore famoso
ma antipatico (un altro tenore più simpatico, suo rivale, è invece
amico dei Marx) cadrà subito vittima delle gags di Groucho e di
Chico, che non sto qui a raccontare ma che consiglio caldamente di
vedere.
E’
da notare che Groucho canticchia più volte nel film uno dei momenti
più celebri dell’opera, il famoso “Ridi pagliaccio”: però,
non conoscendo l’italiano, equivoca sul titolo e canta invece “Ridi
pagliacci”. Direi che non se ne accorge nessuno, una piccola
imprecisione che sottolineo solo perché di solito i Marx sono dei
perfezionisti assoluti e non ammettono errori.
(continua)
(continua)
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