A
Night at the Opera (1935) Regia di Sam Wood
Fotografia: Merrit B. Gerstad Musica: Giuseppe Verdi, Ruggiero
Leoncavallo, Chico e Harpo Marx. Musiche originali e arrangiamenti di
Herbert Stothart, canzoni: “Alone” di Nacio Herb Brown e Arthur
Freed , “Così cosà” di Ned Washington, Kaper & Jurmann.
Coreografie di Chester Hale. Con Groucho, Chico e Harpo Marx;
Margaret Dumont, Siegfried Rumann, Kitty Carlisle, Allan Jones,
Walter King (96 minuti)
3.
In
“Una notte all’Opera” il momento clou è senz’altro “Il
Trovatore” di Giuseppe Verdi. Mentre per “I pagliacci” di
Leoncavallo ci eravamo limitati a vedere un allestimento
tradizionale, qui la fantasia dei Marx si scatena: ma è una sequenza
di quelle che non si possono raccontare, tutta da vedere, da non
perdere.
“Il
Trovatore” nasce da un romanzone spagnolo di ambientazione
medievale del quale si è persa la memoria; la sua prima
rappresentazione è nel 1853. Il libretto è stato scritto da
Salvatore Cammarano, la storia è quella di due fratelli che non
sanno di essere fratelli, perché uno di loro fu rapito nella culla.
Il fratello rapito, allevato dagli zingari, è un trovatore: cioè un
poeta e cantante, che fa innamorare di sè la bella Leonora. Leonora
vive nel castello del Conte di Luna: che è il fratello del
Trovatore, ma non lo sa. Lo
sfondo di questa storia è una guerra civile che non saprei
identificare; e gran parte vi hanno gli zingari, che vediamo in gran
numero sul palcoscenico. Agli zingari del Trovatore, Giuseppe Verdi
ha dedicato molta musica e un coro famoso; a questa musica si
associano di solito danze e balli, in palcoscenico. Ed è quello che
vediamo anche in “Una notte all’Opera”, con la differenza che
Harpo e Chico si intromettono nella coreografia. Qualcosa di simile
avviene anche in “Il Milione” di René Clair, di qualche anno
precedente: un altro capolavoro, anch’esso da non perdere.
La
zingara Azucena è protagonista nel “Trovatore”: una parte
bellissima, che tutte le cantanti (il ruolo è per mezzosoprano)
cercano di interpretare prima o poi nella loro carriera. Ha dei
caratteri stregoneschi, ma non è un personaggio del tutto negativo:
è stata una madre affettuosa per Manrico (il trovatore), e la sua
cattiveria nel corso dell’opera è motivata da gravi angherie
subite in passato. Tutto questo viene spiegato nel libretto, e non mi
dilungo: questo accenno serve soltanto per capire le smorfie che
fanno i Marx (tutti e tre) all’apparire di Azucena; che a dire il
vero è truccata in modo molto greve ed esagerato. Non è affatto
necessario conciare così la povera zingara, che nell’opera ha
molta dignità; ma nel film ci può stare.
L’ultima
scena del “Trovatore” che vediamo nel film è il famoso
“miserere”, una delle più belle pagine verdiane. Il trovatore è
stato catturato dal Conte e confinato in una torre; Leonora vive con
lui questo momento di passione, mentre il coro (fuori scena) intona
un canto sacro in latino, appunto il “Miserere”. Che
sarà anche il bis, ad opera finita, eseguito tra gli applausi per il
tenore (quello simpatico) e per il soprano. Applausi tutt’altro che
giustificati: si tratta di un’esecuzione molto scadente, ed è un
peccato. “Una notte all’opera” , con tutte le sue invenzioni e
la sua fantasia, avrebbe meritato un cast di tutt’altro livello.
Gli interpreti vocali di questa scena rimangono anonimi: non sono
citati nei titoli di coda, ed è meglio che sia così. Meglio per
noi, e per loro (ma è probabile che siano gli attori stessi che
vediamo in scena).
E’
notevole la somiglianza (più che voluta) del direttore d’orchestra
con Arturo Toscanini. Questi fermo immagine potrebbero facilmente
trarre in inganno, ed essere pubblicate su qualche rivista
spacciandolo per una vera foto del Maestro, tra i più grandi del
Novecento. Il vero Toscanini in quegli anni stava lasciando l’Italia,
e (dopo l’Anschluss) anche l’Europa: nazisti e fascisti lo
spinsero a cercare rifugio in America, dove gli furono tributati
grandi onori e dove la rete tv NBC creò un’orchestra apposta per
lui.
Harpo
e Chico si infiltrano nell’orchestra, e creano danni: questo è lo
spartito (si direbbe legato al baseball) che viene eseguito
dall’orchestra “per errore”.
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