"L'inferno degli amanti - Il
cavaliere del sogno" (1946) Regia di Camillo Mastrocinque.
Musiche di Gaetano Donizetti, adattate da Alessandro Cicognini.
Scritto da Nino Novarese e Camillo Mastrocinque. Fotografia di
Arturo Gallea. Interpreti: Amedeo Nazzari (Gaetano Donizetti),
Mariella Lotti (Luisa), Mario Ferrari (Waltenburg), Tito Schipa (il
tenore Duprez), Sergio Tofano (Zingarelli), Giulio Tommasini
(Antonio), Rubi Dalma (baronessa Scotti), Dina Sassoli (Virginia
Vasselli), Giulio Stival (il banchiere Menendez). Cantanti: Tito
Schipa, Angelica Tuccari, Opera di Roma dir. Vincenzo Bellezza.
Durata 75 minuti
"Il cavaliere del sogno" è
un titolo che nasconde non il Lohengrin ma una biografia di
Donizetti; è un film del 1946 scritto da Nino Novarese,
regia di Camillo Mastrocinque. Ha anche un altro titolo,
"L'inferno degli amanti" e per quanto mi riguarda non
capisco il senso né dell'uno né dell'altro, più che altro si parla
del Risorgimento e di come Donizetti sia stato coinvolto nei primi
moti contro gli austriaci in Lombardia. Non so quanto ci sia di vero
e nei titoli non sono indicate le fonti da cui è tratto il soggetto-
Il film è stato scritto da Nino Novarese e dallo stesso Mastrocinque
in fase di sceneggiatura.
Il soggetto verte sull'amore di
Donizetti per Luisa Della Cerchiara e sulla sua attività
antiaustriaca a sostegno del bergamasco Claudio Scotti; Donizetti era
nato nel 1797 e morirà nel 1848. Pur continuando a frequentare
Donizetti, Luisa sposerà il principe von Waltenburg, alto
funzionario di polizia; nel film ci si immagina che la follia di
Donizetti e il suo ricovero dipendano da questo amore sfortunato. La
realtà storica parla di malattie derivanti da infezioni o da ictus,
o magari un Alzheimer precoce; la diagnosi certa non è possibile se
non sulla base di supposizioni.
Si inizia proprio nel 1848, quando
Donizetti è in fin di vita e i suoi concittadini stendono la paglia
sulla strada sotto le sue finestre per non far rumore, come succederà
anche con Verdi mezzo secolo dopo. Luisa corre a trovarlo e lo
assiste; da qui si rievoca il loro primo incontro, che avvenne a
Napoli per la Lucia di Lammermoor, quando lei non era ancora sposata
ed era molto giovane. La giovane Luisa si avvicina a un signore in
teatro e comincia a parlargli della musica di Donizetti e dice
schiettamente ciò che ne pensa; solo più tardi si renderà conto di
aver parlato con l'autore.
Nel film si vede anche Virginia
Vasselli, moglie di Donizetti e madre dei suoi due figli; è una
storia tragica e seguirà una serie di lutti, ma di questo nel film
non si parla.
Donizetti è interpretato da Amedeo
Nazzari, Luisa è Mariella Lotti: due divi, che spostano per forza di
cose il film verso una storia d'amore molto travagliata, secondo
stereotipi molto presenti nel cinema e soprattutto nei film di
Nazzari. Il cattivo principe von Waltenburg è interpretato da Mario
Ferrari. Per proteggere Luisa, si vede Donizetti salire sulla stessa
carrozza dei Waltenburg, a Bergamo: così, vedendolo e riconoscendo
il loro amico, i patrioti rinunciano a colpire l'austriaco,
responsabile della fucilazione di molti di loro. In questo modo,
Donizetti ha salvato la vita di Luisa.
Nel cast c'è anche Tito Schipa, che
interpreta il tenore Duprez in scena a Napoli, all'inizio del film;
lo si vede pochissimo, dice una sola battuta, però canta ed è
sempre una grande emozione ascoltare la sua voce. L'orchestra che si
vede è quella dell'Opera di Roma diretta da Vincenzo Bellezza,
soprano Angelica Tuccari; il sonoro è molto precario. Tra gli
interpreti troviamo Sergio Tofano (Zingarelli), Giulio Tommasini
(Antonio), Rubi Dalma (baronessa Scotti), Dina Sassoli (Virginia
Vasselli), Giulio Stival (il banchiere Josè Menendez); le musiche
sono adattate da Alessandro Cicognini. La scena della morte di
Donizetti è girata in loco, con gli arredi originali del Museo
Donizetti di Bergamo.
Non è certo un film memorabile,
speravo che Schipa avesse più spazio ma la sua parte termina poco
dopo l'inizio. Bravo comunque Nazzari, che riesce perfino ad
assomigliare fisicamente ai ritratti di Donizetti. Il regista romano
Mastrocinque è ottimo artigiano del cinema italiano e autore di
moltissimi film, una lunga carriera ininterrotta che parte dal 1934 e
arriva al 1968. Camillo Mastrocinque è molto meglio nei film di
Totò; qui è molto convenzionale e spesso anche un po' sbrigativo,
ma comunque è un film che si lascia vedere e che alla fine (fedeltà
storica a parte) non dispiace.
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