martedì 4 ottobre 2016

Il cavaliere del sogno


 
"L'inferno degli amanti - Il cavaliere del sogno" (1946) Regia di Camillo Mastrocinque. Musiche di Gaetano Donizetti, adattate da Alessandro Cicognini. Scritto da Nino Novarese e Camillo Mastrocinque. Fotografia di Arturo Gallea. Interpreti: Amedeo Nazzari (Gaetano Donizetti), Mariella Lotti (Luisa), Mario Ferrari (Waltenburg), Tito Schipa (il tenore Duprez), Sergio Tofano (Zingarelli), Giulio Tommasini (Antonio), Rubi Dalma (baronessa Scotti), Dina Sassoli (Virginia Vasselli), Giulio Stival (il banchiere Menendez). Cantanti: Tito Schipa, Angelica Tuccari, Opera di Roma dir. Vincenzo Bellezza. Durata 75 minuti

"Il cavaliere del sogno" è un titolo che nasconde non il Lohengrin ma una biografia di Donizetti; è un film del 1946 scritto da Nino Novarese, regia di Camillo Mastrocinque. Ha anche un altro titolo, "L'inferno degli amanti" e per quanto mi riguarda non capisco il senso né dell'uno né dell'altro, più che altro si parla del Risorgimento e di come Donizetti sia stato coinvolto nei primi moti contro gli austriaci in Lombardia. Non so quanto ci sia di vero e nei titoli non sono indicate le fonti da cui è tratto il soggetto- Il film è stato scritto da Nino Novarese e dallo stesso Mastrocinque in fase di sceneggiatura.
Il soggetto verte sull'amore di Donizetti per Luisa Della Cerchiara e sulla sua attività antiaustriaca a sostegno del bergamasco Claudio Scotti; Donizetti era nato nel 1797 e morirà nel 1848. Pur continuando a frequentare Donizetti, Luisa sposerà il principe von Waltenburg, alto funzionario di polizia; nel film ci si immagina che la follia di Donizetti e il suo ricovero dipendano da questo amore sfortunato. La realtà storica parla di malattie derivanti da infezioni o da ictus, o magari un Alzheimer precoce; la diagnosi certa non è possibile se non sulla base di supposizioni.

 
Si inizia proprio nel 1848, quando Donizetti è in fin di vita e i suoi concittadini stendono la paglia sulla strada sotto le sue finestre per non far rumore, come succederà anche con Verdi mezzo secolo dopo. Luisa corre a trovarlo e lo assiste; da qui si rievoca il loro primo incontro, che avvenne a Napoli per la Lucia di Lammermoor, quando lei non era ancora sposata ed era molto giovane. La giovane Luisa si avvicina a un signore in teatro e comincia a parlargli della musica di Donizetti e dice schiettamente ciò che ne pensa; solo più tardi si renderà conto di aver parlato con l'autore.
Nel film si vede anche Virginia Vasselli, moglie di Donizetti e madre dei suoi due figli; è una storia tragica e seguirà una serie di lutti, ma di questo nel film non si parla.

 
Donizetti è interpretato da Amedeo Nazzari, Luisa è Mariella Lotti: due divi, che spostano per forza di cose il film verso una storia d'amore molto travagliata, secondo stereotipi molto presenti nel cinema e soprattutto nei film di Nazzari. Il cattivo principe von Waltenburg è interpretato da Mario Ferrari. Per proteggere Luisa, si vede Donizetti salire sulla stessa carrozza dei Waltenburg, a Bergamo: così, vedendolo e riconoscendo il loro amico, i patrioti rinunciano a colpire l'austriaco, responsabile della fucilazione di molti di loro. In questo modo, Donizetti ha salvato la vita di Luisa.
Nel cast c'è anche Tito Schipa, che interpreta il tenore Duprez in scena a Napoli, all'inizio del film; lo si vede pochissimo, dice una sola battuta, però canta ed è sempre una grande emozione ascoltare la sua voce. L'orchestra che si vede è quella dell'Opera di Roma diretta da Vincenzo Bellezza, soprano Angelica Tuccari; il sonoro è molto precario. Tra gli interpreti troviamo Sergio Tofano (Zingarelli), Giulio Tommasini (Antonio), Rubi Dalma (baronessa Scotti), Dina Sassoli (Virginia Vasselli), Giulio Stival (il banchiere Josè Menendez); le musiche sono adattate da Alessandro Cicognini. La scena della morte di Donizetti è girata in loco, con gli arredi originali del Museo Donizetti di Bergamo.

 
 
Non è certo un film memorabile, speravo che Schipa avesse più spazio ma la sua parte termina poco dopo l'inizio. Bravo comunque Nazzari, che riesce perfino ad assomigliare fisicamente ai ritratti di Donizetti. Il regista romano Mastrocinque è ottimo artigiano del cinema italiano e autore di moltissimi film, una lunga carriera ininterrotta che parte dal 1934 e arriva al 1968. Camillo Mastrocinque è molto meglio nei film di Totò; qui è molto convenzionale e spesso anche un po' sbrigativo, ma comunque è un film che si lascia vedere e che alla fine (fedeltà storica a parte) non dispiace.
 
 
 

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