Amadeus (1984) regia di Milos Forman. Sceneggiatura di Peter Shaffer, liberamente tratta da “Mozart e Salieri” di Pushkin. Direttore della fotografia: Miroslav Ondricek . Musiche di Wolfgang Amadeus Mozart e di Antonio Salieri. Coreografie di Twyla Tharp. Scenografie in teatro: Josef Svoboda. Con Tom Hulce (Mozart), F. Murray Abraham (Salieri), Simon Callow (Schikaneder), Elizabeth Berridge (Constanze, moglie di Mozart), Cynthia Nixon (domestica di Mozart), Roy Dotrice (padre di Mozart), Jeffrey Jones (l’imperatore Giuseppe II), e altri. Durata: 180 minuti.
Arriviamo poi
al 1787, l’anno in cui va in scena il Don Giovanni: a Praga,
Nationaltheater, 29 ottobre 1787, ancora in collaborazione con
Lorenzo Da Ponte. Nel tempo intercorso, come al solito Mozart scrive
molto, soprattutto musica strumentale, sinfonica e da camera,
compresi molti dei suoi capolavori più grandi. “Don Giovanni” è
uno dei soggetti più antichi del teatro e della letteratura: i
precedenti diretti sono Molière e Tirso de Molina, ma anche in
musica il “Don Giovanni” di Mozart non è certo il primo; ne
esistono altri ormai dimenticati (come quello musicato da Gazzaniga
su libretto di Bertati, un grande successo della stessa stagione dal
quale presero molto più di uno spunto Mozart e Da Ponte), ma ben
presenti sulle scene quando Mozart scriveva.
Come Faust,
di cui è stretto parente, Don Giovanni rappresenta l’uomo che
vuole determinare da solo il suo destino, ribellandosi a Dio e alla
natura umana. In questo, è collegabile a miti ancora più antichi:
Prometeo, o Adamo. E questa è anche la spiegazione dell’apparire
nel film di diavolacci, di statue impressionanti, e di botole che si
aprono sull’inferno. Nel film si collega la nascita del “Don
Giovanni” alla morte del padre di Mozart: è un ragionamento molto
suggestivo ed è un tema sul quale meditare, ma non c’è niente di
storicamente provato.
Nel film,
vediamo due volte il Don Giovanni a teatro: nell’allestimento serio
ed ufficiale della prima rappresentazione (molto ben fatto, anche se
ovviamente frutto di pura fantasia) e nella sua parodia, messa in
scena da Schikaneder al Theater auf der Wieden, alla quale Mozart
(Tom Hulce) assiste molto divertito.
Milos Forman
gira la prima del “Don Giovanni” proprio nel teatro di Praga che
ne vide la nascita; ed è un gran bell’effetto, ma è ovvio che
ricostruire la prima esecuzione era impossibile. La regia teatrale è
comunque ottima: per chi non lo sapesse, il “Don Giovanni” non è
mai uscito dal repertorio, si rappresenta ininterrottamente da
duecento anni e sempre con grande successo, gli allestimenti sono
stati (e sono) tantissimi e molto diversi fra loro, e quella che
vediamo nel film è solo una delle messe in scena possibili, peraltro
molto meglio di tanti allestimenti celebrati e costosissimi dei
nostri teatri. Trovo invece imperdibile e spettacolare la parodia del
“Don Giovanni” fatta da Schikaneder (l’attore è Simon Callow):
non so se ci siano fonti dirette d’epoca o se sia tutta una
ricostruzione di fantasia, ma io mi sono divertito moltissimo,
proprio come Mozart nel palco (la moglie invece storce il naso).
Schikaneder,
cantante e attore ma anche impresario teatrale, è un nome
importante: insieme a Mozart scriverà e progetterà “Il Flauto
Magico”. Nel film comincia ad apparire nella grande festa
mascherata, lo vediamo vestito da Arlecchino accanto a Mozart che
suona a testa in giù: nel film ha poche battute e rischia di passare
per uno dei tanti personaggi di contorno, ma è invece una faccia da
memorizzare se si vuole capire meglio cosa succede da quel punto in
avanti.
L’attività
di Mozart prosegue a ritmi impensabili, ed è in questi anni che
nascono molti dei suoi capolavori sinfonici e da camera. Nel 1789-90
prende corpo il “Così fan tutte”, ultima opera scritta in
collaborazione con Da Ponte, in scena a Vienna il 26 gennaio 1790. La
storia (quella vera) dice che l’idea del “Così fan tutte”
venne a Mozart e a Lorenzo Da Ponte dopo il grande successo di
un’opera di Salieri, “La grotta di Trofonio”, che si basa
proprio su uno scambio di coppie.
Come si vede,
la questione sarebbe interessante: ma nel film il “Così fan tutte”
non si vede proprio, e nemmeno se ne parla. Per rendergli omaggio
meglio che posso, porto qui una foto dall’allestimento della Scala
negli anni ’80, scene e costumi di Mauro Carosi.
Intanto,
Mozart e Schikaneder portano avanti il loro progetto: siamo tra marzo
e luglio del 1791. Il Flauto Magico, “Die Zauberflöte“, avrà la
sua prima al Theater auf der Wieden 30 settembre 1791.
E’ un
avvenimento importante: per la prima volta, Mozart esce dall’ambito
dei teatri di corte e va a scrivere per un teatro popolare, aperto al
pubblico pagante; cioè a chiunque, e non più solo ai nobili e alla
loro corte. Il teatro a pagamento esisteva già da tempo, per esempio
in Inghilterra con Haendel, e a Venezia, ma qui siamo a due anni dopo
la Rivoluzione Francese, e all’inizio della Rivoluzione
Industriale: i tempi stanno cambiando e sta nascendo il mondo come lo
conosciamo oggi. La rappresentazione è molto bella e molto
“classica”, l’uomo col vestito da pappagallo (Schikaneder
stesso, che ha scritto il libretto e ha inventato per sè questo
personaggio) rappresenta la parte buffa dell’opera; che ha anche
un versante “alto”, con tanto di principi e principesse, che si
interseca con quello buffo. Mozart ci si diverte molto, e chi conosce
l’opera sa che la musica più bella ce l’ha proprio il buffo
Papageno. Ma la storia di Mozart come autore per il teatro non
finisce qui, come si potrebbe pensare guardando il film.
Mozart è già molto malato, ma la sua attività
prosegue frenetica: oltre al Requiem (commissionato dal Conte
Walsegg, tramite “l’uomo in nero”, che si chiamava Anton
Leitgeb: ne ho parlato nei post precedenti) scrive parecchie cose, ed
è un elenco incredibile perché si tratta di soli sei mesi. Tra le
musiche, importante nella biografia è la Cantata Massonica, che
Mozart dirige in prima persona alla riunione della sua Loggia. La
massoneria, nel Settecento, non è quella a cui siamo soliti pensare
oggi; ed è vista con molta simpatia perché finalmente gli uomini
vengono valutati secondo il loro valore e non secondo la loro
nascita. Va ricordato che i musicisti, a corte, erano molto stimati
ma avevano pur sempre il rango di servitori: avveniva così anche per
Haydn, il più grande musicista di quegli anni, alla corte degli
Esterhazy. Negli anni seguenti, già con Beethoven (di soli 14 anni
più giovane di Mozart), non sarà più così: Beethoven e Schubert
non hanno avuto padroni. Anche “Il Flauto Magico” è pieno di
riferimenti massonici, che richiederebbero un’analisi a parte;
approfitto di un bozzetto di scenografia (di Max Bignens), che prendo
dalla copertina di un vecchio disco, per inserirne parecchi in un
colpo solo.
Tra l’agosto
e il settembre 1791 Mozart ritorna però a corte, e compone un’opera
secondo il vecchio stile, “La clemenza di Tito”, un Metastasio
ritoccato che va in scena a Praga al Nationaltheater. Mozart ha 35
anni, e ormai gli restano solo tre mesi di vita. “La clemenza di
Tito” è un passo indietro rispetto al Flauto Magico, ma molte sue
parti sono stupefacenti per bellezza e complessità. Ovviamente, di
quest’opera nel film non c’è traccia: la sua presenza
rovinerebbe tutto il finale costruito in sceneggiatura...
Tra l’agosto
e il dicembre 1791, Mozart comincia a scrivere il Requiem, che
rimarrà incompiuto. Mozart è molto malato, e detta le sue pagine ai
suoi allievi e collaboratori (non a Salieri!); uno di essi, Franz
Xaver Süssmayr, verrà in seguito incaricato dalla vedova di Mozart
di completare il testo. La parte scritta da Mozart finisce al
“Lacrymosa”. Secondo molti musicologi, il “Requiem” di Mozart
si potrebbe attribuire del tutto a Süssmayr: parere discutibile, ma
la verità storica è che Mozart ne ha scritto per intero solo la
prima parte.
Il 5 dicembre
1791, a poco più di 35 anni, Mozart muore. Le cause della sua morte
sono state oggetto di discussione, ma pare assai probabile che la
medicina dell’epoca, ancora in fase pre-scientifica, a base di
salassi e di cure approssimative (era compreso tra i medicinali il
mercurio, velenosissimo), non sia esente da colpe. Comunque siano
andate le cose, Mozart viene sepolto in una fossa comune e dei suoi
resti si perdono le tracce. Il “Requiem” verrà eseguito postumo,
il 14 dicembre 1793, presentato dal Conte Walsegg come opera sua; ma
le cronache dell’epoca dicono che tutti sapevano che era di Mozart,
e che quel che non era di Mozart era opera di Süssmayr.
(continua)
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