Moses
und Aron (1975). Regia
di Jean Marie Straub e Danièle Huillet. Dramma di Arnold Schönberg.
Parole e musica di Arnold Schönberg. Orchestra e coro della Radio
Austriaca, direttore Michael Gielen. Interpreti: Günther Reich
(Mosè), Louis Devos (Aronne), Eva Csapò (una giovane donna), Roger
Lucas (un giovane uomo), Richard Salter (un uomo), Werner Mann (un
sacerdote), Ladislav Illasky (un efraimita), Friedl Obrowsky (un
malato). Coreografie di Jochen Ulrich.
Girato
in Abruzzo a L’Aquila, Alba Fucens, Massa d’Albe; a Lago Matese,
Caserta; e anche a Luxor in Egitto. Durata:
1h45’
Mosè
è balbuziente, o quanto meno ha difficoltà di parola; in Esodo 4,10
si rivolge così al Signore: «Mio Signore, io non sono un buon
parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai
cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di
lingua.» Il Signore gli risponde con molta durezza, accusandolo in
sostanza di poca fede; ma Mosè insiste, e allora per poter
diffondere la Parola il Signore delega suo fratello Aronne, che "sa
parlare bene".
Arnold
Schönberg partì da questa pagina biblica per una sua libera
interpretazione, che portò all'opera "Moses und Aron ",
scritta negli anni '30 ed eseguita solo nel 1957. In quest'opera,
durante la lunga assenza di Mosè nella quale gli Ebrei, credendo di
essere stati abbandonati dal loro capo, ritornano agli idoli
primitivi, Aronne sfrutta la sua capacità di parola e ne approfitta,
come del resto è descritto anche nella Bibbia nei capitoli
successivi (Esodo 5). Schönberg forza il personaggio di Aronne e lo
rende importante e un po' bieco. Infatti, in Schönberg è proprio
per la facilità di parola e l'abilità di comunicatore che il popolo
abbandona volentieri Mosè, così lontano da loro, e da così tanto
tempo, e sceglie di seguire Aronne nell'episodio del vitello d'oro...
Ascoltare
quest'opera è un po' come camminare davvero nel deserto, e la lingua
tedesca abbinata allo stile di canto scelto da Schönberg non aiuta
molto. Schönberg era di nascita ebreo ma ebreo un po' come Primo
Levi, cioè molto annacquato; di religione era infatti protestante,
ed anche a lui - come al dottor Primo Levi - fu necessario che
qualcuno usasse una certa insistenza per fargli ricordare le sue
radici. Per sua fortuna fece in tempo ad andare in USA, dove visse
abbastanza bene dei proventi della sua musica.
La
musica di Arnold Schönberg non è mai facile, e la mia cultura
musicale non mi consente di capire a fondo il suo percorso artistico;
però ho letto molto dei suoi scritti, e ho per lui una grande
ammirazione. Quest'opera è un esempio della sua profondità di
pensiero, e letta oggi dà più di un brivido.
Questo
è un brano di Schönberg (“Stile e idea”), tratto da una
conferenza tenuta nel 1912:
«L'opera d'arte esiste anche se nessuno ne
subisce il fascino, e il tentativo di razionalizzare il proprio
sentimento è inutile... Forse mai come oggi è stato difficile dare
a un artista ciò che gli è dovuto... Forse mai più di oggi
sopravvalutazioni e sottovalutazioni sono dipese dal farsi
commerciale dell'arte... Enorme è il numero di coloro che producono
e non tutti possono essere dei geni. Alcuni aprono la via e gli altri
non fanno che seguirli. Ma i molti imitatori che vogliono restare
"competitivi" devono aggiornarsi di continuo
sull'ultimissima novità del mercato... La nostra epoca si esprime in
una folla di piccoli uomini...».
(da “Arnold Schoenberg, testi poetici e
drammatici” a cura di Luigi Rognoni, ed.Feltrinelli)
La
cosa che mi impressiona di più è la data: 1912! (la si potrebbe
usare a commento del '900 intero, e anche di questo inizio del nuovo
millennio...)
L’opera
di Schönberg venne portata al cinema nel 1975 da Jean Marie Straub e
Danièle Huillet, col loro consueto stile rigoroso e antispettacolare
(e per questo molto affascinante) e con un cast vocale e orchestrale
di tutto rispetto. Il film è un capolavoro, uno dei film più belli
e significativi mai realizzati a partire da un’opera lirica, da
mettere alla pari con il Flauto Magico di Mozart realizzato da
Bergman e con il Don Giovanni di Losey, sempre di Mozart, realizzati
più o meno negli stessi anni. Ovviamente, l’opera di Schoenberg è
molto più impegnativa da ascoltare rispetto a Mozart, o
all’Offenbach di Powell & Pressburger; ma il risultato è di
livello altissimo. Si tratta di una coproduzione RAI, quindi molti
dei tecnici e collaboratori sono italiani; del resto, Straub e
Huillet (marito e moglie) vivono da molti anni in Italia e hanno
girato molti film in italiano. Come curiosità si può segnalare la
presenza nel cast, come comparse, di Adriano Aprà (un sacerdote) e
Enzo Ungari, due critici cinematografici importanti.
Di
Schönberg, la coppia di registi Straub-Huillet ha realizzato anche
“Vom heute auf morgen”, nel 1990 e “Introduzione alla Musica
d’accompagnamento per un film” del 1972 (che è il titolo di un
brano musicale di Schoenberg, un brano da concerto che non è legato
a nessun film in particolare).
Sul
film in sè, di altissimo livello, c’è poco altro da aggiungere;
molto ci sarebbe da dire su Arnold Schönberg, grande musicista e
autore di scritti e di saggi da rileggere con grande attenzione,
anche al di fuori della musica. Schoenberg ha un percorso artistico
paragonabile a quello di Picasso: gli inizi folgoranti, con musica
nel solco di Mahler e di Brahms (composizioni come “Gurrelieder”,
“Notte trasfigurata”), poi la decisione di cercare strade nuove
con la dodecafonia, ma sempre senza fanatismo, da vero ricercatore di
suoni e di paesaggi musicali nuovi.
Tornando
a Straub-Huillet, è sicuramente interessante la dedica iniziale a
Holger Meins, 1941-1974, regista di cinema ma anche appartenente alla
RAF (“frazione armata rossa”, le BR tedesche), morto in carcere
durante uno sciopero della fame. La pagina della Bibbia che riporto
qui in immagine è la stessa che i due registi mettono all’inizio
del film, ma – per nostra migliore comprensione – non nel tedesco
di Lutero ma in italiano, e non in caratteri gotici.
Arnold Schoenberg, da Moses und Aron: scena del vitello d’oro.
Atto II Scena IV
(In fondo alla scena, il piú lontano possibile, su una delle alture un uomo si rizza in piedi; guarda per alcuni istanti nella direzione in cui si suppone sia la Montagna della Rivelazione, sveglia gesticolando alcuni che gli giacciono accanto e li obbliga a guardare nella stessa direzione, poi grida:)
UN UOMO (risonando come da grande distanza): Mosè scende dalla montagna!
(A
questo grido tutti i dormienti a poco a poco si risvegliano, si
alzano; di nuovo affluisce popolo da ogni parte, senza però che il
palcoscenico appaia affollato come nella scena precedente.)
MOSE’:
Sparisci, effigie dell'impossibilità di serrare l'illimitato in
un'immagine!
(Il
Vitello d'Oro svanisce, il popolo arretra e rapidamente sgombra la
scena.)
POPOLO:
Il fulgore dell'oro si spegne; il nostro Dio è di nuovo invisibile.
Ogni piacere, ogni gioia e speranza sono svanite! Tutto è ancora
cupo e senza luce! Fuggiamo il tremendo!
(Tutti
via, salvo Mosè e Aronne.)
Scena
V
MOSÈ
(con sommo sdegno) Aronne, che hai fatto?
ARONNE
(molto calmo, schietto): Nulla di nuovo! Solo quello che fu sempre
mio compito: poiché il tuo pensiero non produceva parola, né la mia
parola immagine, ai loro orecchi, ai loro occhi compiere un miracolo.
MOSÈ:
Per ordine di chi?
ARONNE:
Come sempre: ascoltai la voce dentro di me.
MOSÈ:
Io non ho parlato.
ARONNE:
Eppure io ho inteso.
MOSÈ
(facendo un passo verso Aronne, minaccioso) Taci!
ARONNE
(arretra spaventato: come ritraendosi su se stesso) La tua bocca... A
lungo fosti da noi lontano...
MOSÈ:
Vicino al mio pensiero! T'era arduo immaginarlo?
ARONNE
(sempre sgomento) Quando ti ritiri in solitudine, sei creduto morto.
Il popolo lungamente ha atteso il verbo della tua bocca per vederne
nascere diritto e legge: perciò dovetti dargli un'immagine da
guardare. (...)
ARONNE
Anche tu ameresti questo popolo se avessi veduto come vive, purché
possa vedere, sentire, sperare! Nessun popolo può credere a ciò che
non sente.
MOSÈ
Tu non mi turbi! Esso deve afferrare l'idea! Questa è sola sua
ragione di vita.
ARONNE
Un popolo degno di compassione, un popolo di martiri sarebbe allora!
Nessun popolo afferra piú di una parte dell'immagine che del
pensiero esprime la parte afferrabile. Renditi perciò comprensibile
al popolo; in modo a lui adatto.
MOSÈ
Devo dunque mistificare l'idea?
ARONNE
Lascia ch'io la disciolga! Trascrivendola, senza esprimerla: divieti
ispiranti timore, ma attuabili, sono garanzia di durata;
trasfigurando la necessità: comandi duri, ma tali da suscitare
speranza, ancorano l'idea. Inconsciamente è fatto ciò che tu vuoi.
Allora troverai il tuo popolo umanamente vacillante, ma degno
d'amore!
MOSÈ
Non mi sottopongo a tal prova!
ARONNE
(con crescente superiorità) Tu devi vivere! Non puoi far
diversamente! Sei legato alla tua idea!
MOSÈ
Sí! Alla mia idea, come queste tavole la esprimono...
ARONNE
... anch'esse non altro che immagine, parte dell'idea.
MOSÈ
(d'un tratto disperato) E allora io spezzerò queste tavole e
pregherò Dio che mi assolva da quest'incarico. (Spezza le tavole.)
ARONNE
Pusillanime! Tu, che hai il verbo di Dio! Con o senza tavole: io -
tua bocca - serbo la tua idea, comunque
la esprima. (...)
MOSÈ
Irraffigurabile Iddio! Inesprimibile, polivalente idea! Consenti tu
questa spiegazione? Può Aronne, mia bocca, creare quest'immagine? Mi
sono fatta dunque un'immagine falsa come solo un'immagine può
essere! Dunque, son vinto! Ed era tutto follia ciò che ho pensato e
non può né deve essere detto! O parola, parola che mi manca!
(Si
accascia al suolo, disperato.)
Atto
III Scena
I
(Entra
Mosè; lo segue ARONNE, prigioniero incatenato; è trascinato da due
GUERRIERI che lo tengono stretto per le spalle e per le braccia.
Dietro di lui, i 70 ANZIANI.)
MOSÈ
Aronne, ora basta!
ARONNE
Vuoi uccidermi?
MOSÈ
Non è la tua vita che conta...
ARONNE
La terra promessa...
MOSÈ
Un'immagine...
ARONNE
Per immagini dovevo parlare, mentre tu parlavi per concetti: al
cuore, mentre tu parli al cervello.
MOSÈ
Tu, la cui parola con l'immagine fugge, tu stesso dimori, vivi tu
stesso nelle immagini che pretendi di creare per il popolo. Lungi
dall'origine, dall'idea, non piú ti basta allora né la parola, né
l'immagine...
ARONNE
(interrompendolo) .., prodigi visibili dovevo compiere, laddove non
sovveniva la parola e l'immagine che la bocca creava...!
MOSÈ
... e ti bastò dunque l'azione, il gesto? Della mia verga facesti
allora un condottiero, della mia forza un liberatore, e l'acqua del
Nilo attestò l'onnipotenza... Allora, corposo, reale, bramasti con
il piede calcare un'irreale terra, dove miele e latte scorrono.
Allora battesti sulla rupe, invece di parlarle come t'era comandato,
perché acqua ne scaturisse... Dalla nuda rupe il verbo doveva suonar
ristoro...
ARONNE
Mai giunse il verbo tuo immediato al popolo. Perciò con la verga
parlai alla rupe nella sua lingua, che anche il popolo intende.
MOSÈ
Tu lo dici in forma peggiore di come l'intendi, poiché ben sai che
la rupe è immagine come il deserto e il roveto: tre cose che al
corpo non danno ciò che gli bisogna, ma allo spirito, all'anima
danno quanto basta alla loro assenza di desiderio per farsi vita
eterna. Anche la rupe, come ogni immagine, ubbidisce al verbo, grazie
al quale è fatta realtà. Cosí non conquistasti il popolo
all'Eterno, bensí a te stesso...
MOSÈ
Servire per servire l'idea di Dio: tale è la libertà cui questo
popolo è eletto. Ma tu l'assoggettasti a dèi stranieri: al Vitello
l'assoggettasti e alle colonne di fuoco e di nuvole. Perché tu fai
come il popolo, perché senti come lui cosí pensi. E il Dio che tu
mostri è immagine d'impotenza, è sottoposto a una legge che lo
domina; deve compiere ciò che ha promesso, fare ciò che gli è
chiesto, è legato alla sua parola. Come gli uomini agiscono – male
e bene - cosí egli pure deve punire il loro male, premiare il bene.
Ma l'uomo è indipendente e agisce come vuole, in libera volontà.
Qui le immagini già dominano il pensiero, invece di esprimerlo. Un
Onnipotente - qualunque sia il suo giudizio - non è obbligato a
nulla, da nulla è vincolato: non
lo vincola l'azione del malvagio, non la preghiera del buono, non
l'offerta del pentito. Immagini guidano e dominano questo popolo che
tu hai liberato, straniere brame sono sue divinità che lo
riconducono alla schiavitú dell'assenza di Dio, dei godimenti. Tu
hai tradito Dio agli dèi, il pensiero alle immagini, questo popolo
eletto agli altri popoli, lo straordinario alla normalità...
I
GUERRIERI Dobbiamo ucciderlo?
MOSÈ
Sempre che voi vi mescoliate agli altri popoli e i vostri doni, che
foste eletti a possedere per propugnare l'idea di Dio, li volgiate a
scopi vani e falsi, per prender parte, in competizione con popoli
stranieri, alle loro vili gioie; sempre che voi abbandoniate
l'assenza di desiderio del deserto, e se pur v'abbiano condotto i
vostri doni alle piú grandi altezze, sempre dal trionfo dell'abuso
sarete precipitati e risospinti nel deserto. (Ai guerrieri)
Lasciatelo libero e, se egli lo può, che viva.
(ARONNE,
libero, si rialza e cade morto.)
Ma
nel deserto voi siete invincibili e raggiungerete la meta: in unione
con Dio.
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