L’Orfeo di Monteverdi
(1985) Regia di Claude Goretta. Libretto di Alessandro Striggio,
musica di Claudio Monteverdi (1607). Produzione Gaumont (Pierre
Vozlinski), dischi Erato. Fotografia di Giuseppe Rotunno. Costumi di
Gabriella Pescucci. Orchestra dell’Opera di Lione, dir. Michel
Corboz. Interpreti: Gino Quilico (Orfeo), Audrey Michael (Euridice e
Speranza), Carolyn Watkinson (la messaggera), Colette Alliot-Lugaz
(la Musica), Shelley Whittingham (una ninfa), Henri Ledroit, François
LeRoux, Guy DeMey (i tre pastori), Filippo De Gara (Caronte),
Danielle Borst (Proserpina), Franziskos Voutzinos (Plutone), Eric
Tappy (Apollo). Girato a Cinecittà. Durata: 1h26’
2.
Nell’Orfeo di Monteverdi
tradotto in film da Claude Goretta ci sono molte belle intuizioni ma
anche molte goffaggini, la principale delle quali è l’insistenza
sui primi piani di cantanti magari di bell’aspetto ma piuttosto
inespressivi. Il protagonista è Gino Quilico, baritono canadese, che
avrebbe “le physique du role” ma che è dotato di una sola
espressione del viso, o poco più; Euridice è Audrey Michael, che
invece a me piace molto perché ha un viso forse non bellissimo ma
molto espressivo. La cantante più importante del gruppo è
sicuramente Carolyn Watkinson, mezzosoprano inglese, che qui appare
nella parte della Messaggera, cioè l’amica di Euridice che porta
sua malgrado la terribile notizia ad Orfeo. Si tratta di uno dei
momenti più alti e toccanti del recitar cantando, e l’esecuzione
di riferimento è sicuramente quella di Cathy Berberian; ma anche la
Watkinson se la cava bene.
MESSAGGIERA
Pastor, lasciate il canto:
che ogni nostra allegrezza
in doglia è volta. (...)A te vengo Orfeo,
messaggiera infelice
di caso più infelice e più funesto.
La bella Euridice ...
La tua diletta sposa
è morta. (...)
In un fiorito prato con altre sue compagne,
giva cogliendo fiori per farne una ghirlanda
a le sue chiome, quando angue insidioso,
ch' era fra l' erbe ascoso,
le punse un piè con velenoso dente.
Ed ecco immantinente, scolorirsi il bel viso
e ne' suoi lumi sparir que' lampi,
ond' ella al Sol fea scorno.
Allor noi tutte sbigottite e meste
le fummo intorno richiamar tentando
gli spirti in lei smarriti
con l' onda fresca e co' possenti carmi.
Ma nulla valse, ahi lassa,
ch' ella i languidi lumi alquanto aprendo,
e tè chiamando Orfeo,
dopo un grave sospiro, spirò frà queste braccia,
ed io rimasi
pieno il cor di pietade e di spavento.
...
ORFEO
Tu se' morta, mia vita, ed
io respiro?tu sei, tu se' pur ita per mai
più non tornare, ed io rimango?
No, che se i versi alcuna cosa ponno,
n' andrò sicuro a' più profondi abissi
e, intenerito il cor del Re de l' ombre,
meco trarròtti a riveder le stelle.
O se ciò negherammi empio destino,
rimarrò teco in compagnia di morte,
A Dio terra, a Dio cielo, e Sole, a Dio.
...
MESSAGGIERA
Ma io che in questa lingua
ho portato il coltello
che ha svenata d' Orfeo l' anima amante,
odiosa a i Pastori et a le Ninfe,
odiosa a me stessa,
ove m' ascondo?
Nòttola infausta, il Sole fuggirò sempre
e in solitario speco
menerò vita al mio dolor conforme
(Alessandro Striggio, libretto per l’Orfeo di Monteverdi)
(angue è il serpente, la nottola è un pipistrello)
Per la Gaumont, allestendo
questo Orfeo, le intenzioni erano sicuramente molto alte, il
risultato non è entusiasmante anche se il film si vede ancora
volentieri, ed è fedelissimo all’opera originaria.
Le intenzioni “alte”
si vedono dalla scelta di Giuseppe Rotunno come direttore della
fotografia, e di Gabriella Pescucci come costumi: si tratta dei
collaboratori abituali di Fellini e di Stanley Kubrick, vincitori di
Oscar e grandissimi artisti. Infatti i costumi sono molto belli,
anche se sembra di rivedere qualcosa di Hair o di Jesus Chirst
Superstar, e nelle scenografie ci sono alcune goffe imitazioni
felliniane (i ruscelli di plastica...), ma anche qualche bella
intuizione, come quelle che porto qui nelle immagini.
Un’intuzione molto bella
è quella di affidare la parte della Speranza alla stessa cantante
che interpreta Euridice, cosa che non avviene sempre (Cathy Berberian
interpretava la Messaggera e la Speranza, nelle edizioni
discografiche degli anni ’60). Nell’opera di Monteverdi, la
Speranza accompagna Orfeo fino alle porte dell’oltretomba, ma qui
la Speranza non può entrare e Orfeo dovrà proseguire da solo. Nel
libretto di Striggio c’è una famosa citazione dantesca, che
introduce l’apparizione di Caronte:
SPERANZAEcco l' atra palude, ecco il nocchiero
che trae l' ignudi spirti a l' altra sponda
dove ha Pluton de l' ombre il vasto impero.
Oltre quel nero stagno, oltre quel fiume,
in quei campi di pianto e di dolore.
Destin crudele
ogni tuo ben t' asconde.
Hor d'uopo è d'un gran core e d'un bel canto.
Io fin qui t' ho condotto,
hor più non lice teco venir,
chè amara legge il vieta.
Legge scritta col ferro in duro sasso
de l' ima reggia in su l' orribil soglia,
che in queste note il fiero senso esprime:
« Lasciate ogni speranza
o voi ch' entrate.»
Dunque, se stabilito hai pur nel core
di porre il piè ne la città dolente,
da te me n' fuggo e torno
a l' usato soggiorno.
(2- continua)
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