Puccini (1973) Regia di Sandro
Bolchi. Sceneggiatura di Dante Guardamagna. Consulenza di Mario
Labroca ed Enzo Siciliano. Scene e costumi di Ezio Frigerio. Regia
delle opere liriche: Beppe De Tomasi. Scene e costumi: Carlo Tommasi,
Franca Squarciapino. Girato quasi interamente nei luoghi originali.
Cinque puntate di 65 minuti circa ciascuna.
Interpreti principali: Alberto Lionello (Puccini),
Ilaria Occhini (Elvira, moglie di Puccini), Tino Carraro (Giulio
Ricordi), Vincenzo De Toma (Luigi Illica), Mario Maranzana (Giacosa),
Interpreti della
seconda puntata: Alberto Lionello (Puccini),
Tino Carraro (Giulio Ricordi), Ilaria Occhini (Elvira), Giancarlo
Dettori (Arturo Toscanini), Paola Quattrini (Gianna, corista al Regio
di Torino), Gianni Mantesi (Ruggiero Leoncavallo), Franco Ferrari e
Dante Cona (due giornalisti), Vincenzo De Toma (Luigi Illica), Mario
Maranzana (Giuseppe Giacosa), Ottavio Fanfani, Mario Giorgetti,
Sergio Masieri, Giancarlo Fantini (amici del Club La Bohème), Sergio
Gibello e Gigi Angelillo (due macchinisti in teatro), Ferdinando
Mainardi e Stefano Varriale (maestri sostituti di Toscanini), Giacomo
Zani (maestro Mugnone).
Cantanti: Gianni Raimondi, Katia
Ricciarelli, Giacomo Aragall, Giovanni De Angelis, Giancarlo
Luccardi, Gabriella Ravazzi, Tito Turtura. Orchestra Rai di Milano,
direttori Giacomo Zani e Ferdinando Mainardi.
2.
Siamo nel 1893: dopo il grande
successo di Manon Lescaut a Torino, che ha fatto conoscere il nome di
Puccini in tutta Europa e anche al Metropolitan di New York, è il
momento di “La Bohème”, tratta da un romanzo del francese Henri
Murger, che era a quel tempo un grande successo. Il titolo andrebbe
tradotto nel senso di una vita da zingari (si pensava che venissero
dalla Boemia), senza soldi, vivendo di espedienti; non nelle
roulottes ma nelle soffitte, dove si pagava poco di affitto.
La vita dei giovani artisti in cerca
di fortuna, insomma: si arrivava in città senza un soldo, o quasi;
ma arrivare nelle grandi città era d’obbligo per farsi conoscere.
E’una situazione che Puccini ha davvero vissuto, appena arrivato a
Milano; con lui nella soffitta viveva Pietro Mascagni, entrambi
frequentavano il Conservatorio, Puccini aveva come finanziamento solo
una borsa di studio.
Questa situazione, la vita nelle
soffitte e nelle case di ringhiera, è stata comune fino a tutti gli
anni ’50, molti di quegli artisti sono ancora qui con noi e
ricordano molto volentieri quegli anni. Oggi sarebbe impossibile: i
milanesi non sono più quelli, per una stanza in affitto (una sola
stanza) chiedono anche 500 euro al mese.
Il film di Bolchi riporta un episodio
molto noto, in apertura della seconda puntata: la discussione di
Puccini con Leoncavallo riguardo alla Bohème. I due musicisti, quasi
coetanei, avevano infatti cominciato nello stesso momento a mettere
in musica il romanzo di Murger; pare che l’idea fosse venuta per
prima a Ruggiero Leoncavallo, e che davanti alle proteste del rivale
(i due non si amavano molto, e Puccini lo chiamava “Leonbestia”)
Puccini abbia risposto proprio così: “ognuno si faccia la sua
Bohème, e poi deciderà il pubblico”. Entrambi erano reduci da un
grande successo, Puccini con la Manon Lescaut e Leoncavallo con I
Pagliacci. La Bohéme di Leoncavallo oggi è quasi dimenticata; l’ho
ascoltata una volta e non è affatto male. Nell’opera di
Leoncavallo, il protagonista è Marcello, il pittore, e non Rodolfo.
Nella scena successiva vediamo gli
scrittori Illica e Giacosa mentre arrivano a Torre del Lago per
lavorare con Puccini alla Bohème. Puccini si è fatto costruire una
bella villa vicino a casa sua, sul lago di Massaciuccoli vicino a
Viareggio, e i due librettisti saranni suoi ospiti. Puccini li
accoglie mentre è alle prese con i pomodori delle sue terre, e si
lamenta di una macchina per la salsa poco efficiente. Illica è
molto irritato con Puccini, Giacosa è molto più accomodante e fa da
paciere fra i due. Il motivo dell’irritazione di Luigi Illica, tra
le altre cose, è un appunto di Puccini che scrive la sua musica non
sui versi scritti da lui e da Giacosa, ma con cose del tipo “topi
tramanti sogliole / sego bilance pargoli / son figli dell’amor; / e
chi le vuole / queste popòle / mandi telegrammi / di quattordici
parole”. Anche questo è un episodio famoso, direi molto
divertente.
Giacosa, meno nervoso di Illica,
mette pace fra i due e sembra perfino divertito; prima però Puccini
si era lamentato “codesti versi sdruccioli io non riesco a
musicarli” e Illica gli aveva spiegato che non erano affatto
sdruccioli, bensì piani. Per spiegare la differenza fa questo
esempio: “stupido è sdrucciolo, cretino è piano”. Però poi
tutto si appiana, i tre lavorano insieme e il risultato finale sarà
un grande successo.
Elvira, che è già molto gelosa di
natura, si sente esclusa; non è una musicista, e poi Puccini la
lascia spesso da sola, quando non è al pianoforte va a caccia e poi
la sera si diverte con gli amici di Torre del Lago, un club
battezzato da lui col nome “La Bohème”. Quando parte per Torino
per la prima di Bohème ci va da solo, e glielo dice con franchezza.
Elvira ci rimane molto male, ma deve fare buon viso a cattivo gioco.
A Torino ci sono Toscanini (molto
giovane) e Giulio Ricordi, che sta seguendo anche la prima del
Falstaff di Verdi, a Milano. Durante le prove Puccini conosce una
bella corista di nome Gianna (Paola Quattrini) e va a passeggio con
lei al Valentino. Il cappotto di Puccini è stato rifatto identico a
quello di una delle sue foto più famose, idem per il cappello; e
Lionello appare molto somigliante al vero Puccini. L’interpretazione
di Paola Quattrini, che vedremo anche nella puntata successiva, è
molto piacevole.
Non so dire se Gianna sia un
personaggio reale, non mi sono mai interessato molto a queste cose ed
è già un’impresa ricordarsi la successione esatta delle opere di
Puccini, figuriamoci i pettegolezzi e la sua vita privata. Si sa per
certo che a Puccini le donne piacevano molto, e che si prese molte
distrazioni; la situazione finale, a quello che se ne sa oggi, è che
Puccini ebbe tre figli: la prima, Fosca, è figlia di Elvira e del
Gemignani, ma viene cresciuta da Puccini come se fosse sua figlia e
Puccini sarà un ottimo nonno per la figlia di Fosca, che da lui
verrà soprannominata Biki (Bicchi, biricchina) e che con questo
soprannome diventerà una famosa sarta milanese. Antonio Puccini è
invece l’unico figlio di Elvira e di Giacomo. Puccini ha avuto
un’altra nipote fuori, Simonetta, figlia di Antonio Puccini nata
anch’essa fuori dal matrimonio. Un altro figlio, sempre di nome
Antonio, Puccini lo ha avuto da Giulia Manfredi: la scoperta è
recente, e la questione dell’eredità è ancora aperta. Ma delle
vicende di Puccini con Giulia Manfredi e con sua cugina Doria si sarà
costretti a parlare nella quarta puntata: dico “costretti” perché
si tratta di un argomento molto triste, una tragedia che finirà per
influire molto sulla vita del musicista.
Tutta la seconda puntata è dedicata
alla Bohème; in una sequenza si vede il manoscritto autentico di
Puccini, dove Puccini ha disegnato un teschio in corrispondenza del
finale. Ampio spazio è dedicato alla rappresentazione di Palermo,
penso che il teatro che si vede sia proprio l’originale, compreso
il sipario.
Negli inserti in teatro, il tenore Gianni Raimondi
canta “Che gelida manina”, il finale dell’opera vede in scena
Katia Ricciarelli, Giacomo Aragall, Giovanni De Angelis, Giancarlo
Luccardi, Gabriella Ravazzi e Tito Turtura, con l’orchestra Rai di
Milano, direttori Giacomo Zani e Ferdinando Mainardi. La regia delle
opere, tutte messe in scena molto bene cercando di riprodurre con la
maggior esattezza le prime rappresentazioni, è di Beppe De Tomasi.
(continua)
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