Topsy-Turvy (Il mondo
sottosopra, 1999) Scritto e diretto da Mike Leigh.
Tratto dalla biografia di Gilbert & Sullivan. Fotografia: Dick
Pope. Scenografie: Eve Stewart. Costumi: Lindy Hemming. Coreografie:
Francesca Jaynes. Ricerche: Rosie Chambers. Musica: Arthur Sullivan
(Lyrics by William S. Gilbert) Altre musiche: Jacques Offenbach,
Beethoven, Schumann. Musiche originali e
arrangiamenti di Carl Davis. Direttore d’orchestra: Gary Yershon.
Tutti gli attori cantano con le loro vere voci. Durata: 160 minuti.
INTERPRETI: Allan Corduner
(Sir Arthur Sullivan) Jim Broadbent (W. S. Gilbert)
In casa di Gilbert:
Lesley Manville (Lucy, moglie di Gilbert) Charles Simon (padre di
Gilbert)
domestici di casa Gilbert:
Dexter Fletcher (Louis), Sukie Smith (Clothilde), Kenneth Hadley
(Pidgeon), Kate Doherty (Mrs. Judd), Keeley Gainey (cameriera);
David Neville (il dentista); Theresa Watson e Lavinia Bertram
(sorelle di Gilbert) Eve Pearce (madre di Gilbert)
In casa di Sullivan:
Eleanor David (Fanny Ronalds, la cantante amica di Sullivan),
Matthew Mills (Walter Simmonds, il pianista con la Rolands)
Al Savoy Theatre:
Ron Cook (Richard D'Oyly Carte), Wendy Nottingham (Helen Lenoir,
assistente di D’Oyly Carte), Sam Kelly (Richard Barker, direttore
di scena - al telefono nell’ufficio di D’Oyly Carte) Nicholas
Woodeson (Mr. Seymour, assistente di Gilbert nelle prove)
I cantanti del Savoy:
Timothy Spall (Richard Temple, The Mikado), Martin Savage (George
Grossmith), Kevin McKidd (Durward Lely, il tenore giovane), Shirley
Henderson (Leonora Braham, che canta nel finale) Dorothy Atkinson
(Jessie Bond, la cantante ferita a una gamba), Vincent Franklin
(Rutland Barrington, cantante, nella scena delle ostriche), Cathy
Sara (Sybil Grey, quella che prova il kimono) Louise Gold (Rosina
Brandram, Katisha), Mark Benton (il corista che difende Temple) Steve
Speirs (il corista che è d’accordo sul taglio dell’aria di
Mikado)
Personale del Savoy
Theatre, e altri attori: Francis Lee (Butt,
servo di scena), Amanda Crossley (al servizio di Jessie Bond), Neil
Humphries (il ragazzo), Roger Heathcott (Banton), Stefan Bednarczyk
(Frank Cellier, assistente di Sullivan in orchestra), Geoffrey
Hutchings (un armigero)
William Neenan (Cook,
servo di scena), Adam Searle (Shrimp) Andy Serkis (John D'Auban,
coreografo) Mia Soteriou (Mrs. Russell, pianista durante le prove)
Alison Steadman (Madame Leon, la costumista) Angela Curran (Miss
Morton, assistente di Madame Leon) Jonathan Aris (Wilhelm, costumista
e assistente di Gilbert) Shaun Glanville , Julian Bleach, Neil
Salvage, Matt Bardock (orchestrali)
In Francia:
Gary Yershon (pianista nel bordello) Katrin Cartlidge (Madame) Julia
Rayner (Mademoiselle Fromage) Jenny Pickering (Second Prostitute)
Philippe Constantin (il cameriere)
Al padiglione
giapponese: Kimi Shaw (filatrice) Toksan
Takahashi (calligrafo) Akemi Otani (danzatrice) Kanako Morishita
(suonatrice di samisen) Togo Igawa e Eiji Kusuhara (attori Kabuki )
Naoko Mori (Miss 'Sixpence Please')
5.
Al padiglione giapponese,
Mr. Gilbert ha comperato una bella spada da samurai: la fa appendere
al muro, ma il chiodo è mal fissato e in seguito, quando Gilbert è
da solo nel suo studio, la spada cadrà a terra. Gilbert non resiste:
la raccoglie, la snuda, comincia a giocarci. E’ fatta: sta per
nascere “The Mikado”, questo sì un soggetto nuovo. Lo scrive
quasi di getto, e quando lo farà leggere a Sullivan il musicista non
riesce a dire di no: troppo divertente, e troppo piena di spunti
nuovi e interessanti.
Intendiamoci: in “The
Mikado” rimane ben poco di veramente giapponese, a parte i costumi
e l’esteriorità. Nello scrivere l’opera, Mr. Gilbert è stato
molto bravo e molto divertente, ma va detto che “The Mikado” ha a
che vedere col Giappone tanto quanto un film di Franchi e Ingrassia o
un cartone animato di Tom e Jerry: ma è una novità, perché del
Giappone, in quel 1884, non si sa ancora quasi niente, e anche solo
vedere scene e costumi (davvero molto accurati) è sbalorditivo.
Siamo ormai nel 1885, il
12 febbraio: e giunge a Londra la notizia che il generale Gordon è
stato ucciso a Khartoum, in Sudan. E’ un colpo terribile per
l’impero coloniale britannico, ed è anche il soggetto di “Le
quattro piume”, un film famoso e spettacolare che ha avuto anche un
remake pochi anni fa. (Winston Churchill, così come viene detto
all’inizio da Fanny Rolands, ha 11 anni: crescerà e farà in tempo
a combattere anche lui nelle colonie).
E’ davvero una notizia
terribile, ma i tre cantanti del Teatro Savoy (che impariamo a
conoscere qui, e da qui in avanti saranno protagonisti) non ne
sembrano molto preoccupati e la trattano come un normale argomento di
conversazione: del generale Gordon e del Sudan ci si occuperà più
avanti, per intanto si fa una bella scorpacciata di ostriche, con
abbondante bevuta di birra. I cantanti si chiamano Barrington,
Grossmith e Lely; Lely è il più giovane, è l’unico a non
mangiare le ostriche, e Leigh lo sceglie per ricordarci che anche gli
inglesi, nelle colonie, hanno parecchi morti innocenti sulla
coscienza. Ma il dialogo è molto cordiale, niente polemiche.
Questa scena mi ha
incuriosito molto, perché è ben fatta e ben recitata, ma
soprattutto perché mi ha ricordato una scena simile in Lewis
Carroll, in Alice nel Paese delle Meraviglie: la storia del Tricheco
e del Carpentiere. C’è anche nel cartone animato di Walt Disney, e
per molto tempo mi sono chiesto cosa ci facessero le ostriche in quel
libro: poi ho trovato la spiegazione in un articolo di Repubblica, un
paio d’anni fa. Nell’Ottocento a Londra le ostriche erano molto
comuni, così come a New York: se ne trovavano facilmente, data la
vicinanza col mare, ed erano molto pregiate. In più, c’era la
Francia molto vicina: anche dalle coste francesi arrivavano ogni
giorno ostriche fresche.
Questa è dunque da
intendersi come una scena abbastanza comune all’epoca: birra e
ostriche, con replica, è il pranzo di due dei cantanti; il terzo non
si fida e se ne astiene, sceglie una sogliola e farà bene. Nella
scena successiva, infatti, vediamo i cantanti, uno alla volta, andare
dall’impresario del Savoy a discutere del contratto per “The
Mikado”, l’opera nuova: i due che hanno mangiato le ostriche non
riusciranno a finire il colloquio. “Tutta colpa di Barrington, quel
ghiottone...” dirà Grossmith prima di correre in bagno, sotto lo
sguardo costernato di Miss Lenoir e di D’Oyly Carte.
Intanto l’opera nuova va
avanti, siamo già alle prove. Vediamo al lavoro Mr.Gilbert, che è
anche un regista molto esigente; a casa sua ha un teatrino giocattolo
dove prepara tutto meticolosamente. In quell’epoca non c’erano
ancora i registi di teatro come oggi, ma sappiamo che molti autori
(Giuseppe Verdi, per esempio) erano esigentissimi e controllavano
ogni dettaglio della messa in scena, non solo la musica ma anche la
recitazione e i costumi: così come fa Gilbert in queste sequenze.
Leigh ci mostra le prove
di “The Mikado”: sia per la recitazione che per tutto il resto,
ci sono molte novità inaspettate, e i cantanti sono un po’
sconcertati. Gli abiti giapponesi sono davvero qualcosa di strano e
di sconveniente, nell’Inghilterra vittoriana. Per esempio,
bisognerà togliere i corsetti: che si usavano sia per maschi che per
le femmine. Il tenore Lely è convinto che il corsetto gli serva per
reggere le note più lunghe, Mr. Gilbert gli spiega che sono tutte
scuse. Ed è sempre Mr. Gilbert a far venire in teatro i giapponesi e
le giapponesi che ha conosciuto alla mostra: dovranno mostrare agli
attori e cantanti inglesi come ci si muove, come si porta il kimono,
come si usa il ventaglio...
Leigh si diverte molto a
mostrare il teatro nel teatro, per esempio con la macchietta del
coreografo che spiega di aver già portato più volte con successo
movimenti cinesi e giapponesi in teatro: che bisogno c’è di
cercare qualcosa di nuovo?
Mr. Gilbert ci appare
molto efficace ma anche molto rigido e chiuso, tratta tutti come cose
e non accetta discussioni; ma poi saprà accettare suggerimenti dai
coristi e dai cantanti. Suo aiutante è Mr. Seymour, piccolo e
barbuto e molto efficiente.
Dei cantanti, Temple è il
grosso baritono che sarà Mikado, Grossmith il tenore eroinomane;
anche loro sono due vere star dell’epoca, e su internet si trovano
molte foto e caricature dei veri cantanti. E’ una ricerca
divertente: il vero Temple era più magro di Timothy Spall, che però
è un attore stupendo e ne fa un ritratto memorabile.
Dopo il successo della
nuova opera, Leigh chiude con il dialogo finale di Gilbert con la
moglie, che verte sulla maternità negata; c’è un rimando alle
battute iniziali di Gilbert su sua madre e sulla disgrazia d’essere
nati, e a quella di sua madre sul dispiacere di aver partorito “un
bambino spiritoso”. Di seguito, a contrasto, il dialogo finale di
Sullivan con Fanny: una coppia felice, ma veniamo a sapere che Fanny
è incinta, ma ha deciso di abortire. Con gran sollievo per entrambi:
del resto, non è la prima volta. Ancora una volta, un netto
contrasto fra Gilbert e Sullivan anche nelle loro vite private; e una
riflessione non banale sulla società, come negli altri film di Mike
Leigh (il suo film successivo sarà “Il segreto di Vera Drake”,
proprio sul tema dell’aborto e della maternità).
Dopo il Mikado, la
collaborazione tra i due continuò con grande successo, con opere
divertenti e molto riuscite come “I Gondolieri” e “Yeomen of
the Guard”. Sullivan riuscì a scrivere la sua opera seria,
“Ivanhoe” : un buon successo alla prima, ma subito dimenticata.
Gli attori sono tutti
professionisti molto affermati, magari con nomi poco noti da noi ma
ben presenti in tutti i film inglesi o di ambientazione inglese: Jim
Broadbent (Gilbert) è il professore in Cronache di Narnia, ma molti
elementi del cast si trovano in Harry Potter, nel Signore degli
Anelli, eccetera.
William Gilbert
meriterebbe davvero di essere scoperto qui anche da noi: fu anche
disegnatore e vignettista, diresse riviste e lavorò molto in teatro,
e tra le altre cose scrisse un burlesque su “Rosencrantz e
Guildenstern”, cioè una rivisitazione dell’Amleto cent’anni
prima di Tom Stoppard (ma senza la musica di Sullivan).
L’ascolto di Sullivan
può essere una piacevole sorpresa: molte sue cose sono di routine,
ma ci sono melodie bellissime (è molto ma molto meglio di
Lloyd-Webber, per fare un solo esempio). Ed è su una sua melodia,
un’aria dal Mikado, che si chiude il film. Il finale di questo film
è bellissimo, un piccolo classico, il finale che tutti i registi,
prima o poi, hanno sognato di poter girare.
YUM (allo specchio). Yes,
I am indeed beautiful! Sometimes I sit and wonder, in my artless
Japanese way, why it is that I am so much more attractive than
anybody else in the whole world. Can this be vanity? No! Nature is
lovely and rejoices in her loveliness. I am a child of Nature, and
take after my mother.
The sun,
whose rays
Are all
ablazeWith ever-living glory,
Does not deny
His majesty--
He scorns to tell a story!
He don't exclaim,
"I blush for shame,
So kindly be indulgent."
But, fierce and bold,
In fiery gold,
He glories all effulgent!
I mean to rule the earth,
As he the sky--
We really know our worth,
The sun and I!
Observe his flame,
That placid dame,
The moon's Celestial Highness;
There's not a trace
Upon her face
Of diffidence or shyness:
She borrows light
That, through the night,
Mankind may all acclaim her!
And, truth to tell,
She lights up well,
So I, for one, don't blame her!
Ah, pray make no mistake,
We are not shy;
We're very wide awake,
The moon and I!
(fine)
Nessun commento:
Posta un commento