Strategia del ragno (1970). Regia di
Bernardo Bertolucci.
Tratto da un racconto di Jorge Luis Borges. Sceneggiatura di
Bernardo Bertolucci, Marilù Parolini, Edoardo De Gregorio.
Fotografia di Vittorio Storaro e Franco Di Giacomo. Scene e costumi
di Maria Paola Maino. Musiche di Giuseppe Verdi (Attila, Un ballo in
maschera, Trovatore, Rigoletto), canzoni, musiche da ballo.
Interpreti: Giulio Brogi, Alida Valli, Pippo Campanini, Tino Scotti,
Franco Giovannelli, e brevi apparizioni di Allen Midgette e Giuseppe
Bertolucci.
del film per intero ho scritto sul blog giulianocinema ; qui riporto la parte dedicata alla musica.
Il film si apre con i dipinti di
Antonio Ligabue (1899-1965), che si può definire “pittore naif”:
ma è una definizione molto sbrigativa e riduttiva. I dipinti di
Ligabue colpiscono subito, non si dimenticano; e colpisce anche la
storia personale del pittore, un “matto” innocuo di quelli di una
volta, il matto del paese, sul tipo di quelli descritti da Fellini
nei “Clowns”, e nel contempo un grande pittore, personalissimo,
che non viene da nessuna scuola. La presenza degli animali, e delle
bestie feroci, è per Ligabue una costante; nel film, la presenza del
leone è parte della storia, un leone fuggito da un circo che si dice
sia stato cotto e mangiato, ma anche questa forse è solo una
leggenda. Personalmente (sono tutti pareri miei personali) trovo che
iniziare il film con i dipinti di Ligabue sia un’ottima idea, che
Ligabue sia molto meglio del Bacon di Ultimo tango, e che il film ha
una decisa attinenza con i quadri di Ligabue, che cosa di preciso non
saprei dire ma la somiglianza (una “tinta” verdiana) c’è di
sicuro. E poi c’è la musica, che parte subito, fin dai titoli di
testa, e che rivendica subito la sua importanza.
Come sempre in Bertolucci, anche per
“Strategia del ragno” la musica ha una parte importante; e nel
finale, è in teatro, sulle note del Rigoletto, che si compie il
dramma. I titoli di coda sono però un po’ troppo sbrigativi, e non
c’è l’elenco completo delle musiche che si ascoltano e mi sono
dovuto un po’ arrangiare.
Gran parte delle musiche che si
ascoltano sono di Verdi: il preludio all'aria di Odabella dall’opera “Attila”(1846)
accompagna la prima parte del film, quasi come tema conduttore; e fa pensare che Verdi avrebbe dovuto svilupparlo a dovere, è brevissimo ma fa venire i brividi e spiace che duri così poco, nell'opera (nel film acquista grande risalto). Nel finale, molti brani dal
Rigoletto (1851), il preludio, “Questa o quella”, il finale.
L’incisione del Rigoletto è probabilmente quella con protagonisti
il baritono Riccardo Stracciari e il tenore Dino Borgioli, molto
bella, del 1930; però nel finale non è indicato con precisione, c’è
scritto solo che è un disco EMI, quindi “La voce del padrone”,
il che concorda con la mia ipotesi. Altre musiche verdiane del film:
il “Miserere” dal Trovatore, un po’ cantato e un po’
storpiato da Pippo Campanini, introduce e accompagna il leone "da
mangiare" (detto en passant, Carmelo Bene mangiò veramente un leone,
anzi due, in “Storie dell’anno mille”, sceneggiato tv più o
meno contemporaneo di “Strategia del ragno”: e senza nemmeno
cuocerli). Molte citazioni da “Un ballo in maschera”, fin
dall’inizio, per i congiurati, e per l’atmosfera complessiva che
ricorda molto l’opera verdiana. Si ascolta brevemente anche l’aria
del baritono, “Eri tu”, come al solito intonata da Pippo
Campanini che non è un attore ma un amico di Bertolucci, esperto in gastronomia parmigiana, e che non è propriamente un cantante ma che “ha studiato
da manzuolo”, come specifica lui stesso ridendo in una scena del
film.
In alcuni momenti si ascolta una
musica che mi sembra Mahler o Bruckner, come in Visconti, come in
“Senso”, ma bisognerebbe riascoltare con calma. Molte sono le
canzoni contadine e partigiane, mentre “Come un fior /sfiorirò
/senza te”, la canta Mina, non è una canzone degli anni ’30 ma –
come spiegano bene i titoli di coda, stavolta precisi - è firmata da
Mina e da Augusto Martelli e si intitola (guarda caso) “Il
conformista”. Le musiche per banda sono eseguite dal Concerto
Cantoni di Colorno, che tornerà ancora in Novecento e in altri film
di Bertolucci; qui vengono suonate Usignolo, Germana e Giovinezza,
quest’ultima solo per obbligo e virata al valzer da ballo liscio.
Devo dire che queste musiche per
banda non mi lasciano mai indifferente, forse è l’uso che ne fa
Bertolucci, ma sia nei titoli di testa che nel finale (per tacere
delle scene di ballo in Novecento) mi fanno veramente venire i
brividi, come se anch’esse andassero ad attingere a qualcosa di
subliminale.
Il teatro che si vede nel film, dove avviene la scena finale, è probabilmente quello di Casalmaggiore; ne riporto qui qualche immagine, dell'interno e dell'esterno.
Il teatro che si vede nel film, dove avviene la scena finale, è probabilmente quello di Casalmaggiore; ne riporto qui qualche immagine, dell'interno e dell'esterno.
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